THE VISIT – M. Night Shyamalan
Dopo una partenza scintillante – contraddistinta dal memorabile thriller psicologico Il Sesto Senso (1999), il sottovalutato Unbreakable (2000) e i controversi Signs (2002) e The Village (2004) – la chiacchieratissima carriera del regista indiano M. Night Shyamalan ha subito un tracollo di rare proporzioni: una Caporetto dietro l’altra, culminata nell’eclatante flop sci-fi di After Earth (2013).
L’unico recente bagliore si era manifestato in Devil (non diretto, ma scritto da Shyamalan), perfido thriller-horror low budget ambientato quasi interamente nella cabina di un ascensore: avevamo così avuto il sospetto che la ripartenza del signor M. potesse passare proprio da qualche produzione indie, e non da sofisticati blockbusteroni.
La conferma giunge da The Visit, film tanto divertente quanto difficilmente inquadrabile: attingendo equamente da horror, commedia e grottesco, Shyamalan ci spinge (purtroppo, con il solito espediente del finto documentario) attraverso l’angosciante settimana dei piccoli Tyler e Rebecca presso la sperduta casa dei nonni. E’ il loro primo incontro con i due vecchietti, dai quali la loro madre si distaccò presto e senza cortesie: ma notte dopo notte, scoccate le nove e mezza, segni inquietanti si manifestano nell’abitazione, svelando un inatteso lato oscuro di nonno e nonna.
The Visit sembra l’esercizio di uno spensierato esordiente naif, più che di un ex enfant prodige, tanto è spudorato ed agile nel mixare gag, paura e (azzardo riuscito a metà) filosofia parentale. L’esito è sopra le righe, pacchiano, ibrido: ma è divertentissimo e funziona. Ricorda un po’ il Wes Craven de La Casa Nera (1991). I numerosi momenti buffi non oscurano del tutto l’atmosfera tetra e le due-tre scene da sobbalzo, l’immancabile ed ottimo twist (trademark di Shyamalan) manda un brivido vero. Il crescendo finale mette a fuoco coordinate da puro horror, con tanto di anfetaminica regia mockumentaristica: pur con qualche attimo confuso, The Visit chiude bene e forte. M. Night respira un po’.
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