SAN ANDREAS – Brad Peyton
Da millenni l’uomo popola il pianeta Terra con la convinzione che il solo intelletto e le conquiste tecnologiche bastino a garantirgli una sorta di immortalità e un controllo incontrastato su tutto il creato. Ma basta un terremoto o un’altra catastrofe di proporzioni bibliche, e questa effimera certezza si trasforma in amara illusione.
Siamo negli Stati Uniti, costa ovest, in California, dove la faglia di S.Andreas viene tenuta in costante controllo dal professor Lawrence (Paul Giamatti) e il suo fido collaboratore esperto nell’elaborazione di modelli matematici utili per poter predire la formazione di un terremoto e la sua intensità. Proprio durante il testing del modello i due registrano un’onda sismica anomala nella diga Hoover del Nevada, che provoca la morte del giovane collega di Lawrence.
Dopo la sciagura la bontà del modello matematico non è più oggetto di discussione e, dato che il grado di affidabilità è molto alto, Lawrence decide di usarlo per capire se si è trattato di un caso isolato o dell’inizio di uno sciame sismico.
La scoperta è epocale; una nuova faglia si sta aprendo per collegarsi direttamente a quella più grossa di S. Andreas con il conseguente distacco della placca tettonica che provocherà il più grande terremoto registrato nella città di Los Angeles e nel resto del mondo.
L’aspetto catastrofico-naturale è affiancato, dal regista Brad Peyton, alle gesta eroiche del soccorritore Ray Gaines (Dwayne Johnson) impegnato, tra un salvataggio e l’altro, a sbrigare le ultime formalità del divorzio. E proprio mentre la figlia è in viaggio con il nuovo compagno della moglie, si scatena l’inferno e il nostro Ray, armato di elicottero e testosteronica forza muscolare, si impegna nella salvezza della sua famiglia.
Brad Peyton firma questo San Andreas, un disaster movie dal forte rischio di eccesso di effetti speciali rocamboleschi e poca credibilità. Il regista, invece, sembra avere una sorta di auto-regolatore interno che gli permette di non oltrepassare il confine del credibile sfociando nel ridicolo … e non è cosa da poco.
Dwayne Johnson è pienamente calato nella parte, risolve tutti i problemi a mani nude (e senza battere ciglio) ma è anche capace di regalarci qualche momento sentimentale quando si relaziona con moglie e figlia. Un doveroso contraltare all’apocalisse vissuta dai personaggi sono le loro storie personali intrise di paura e debolezza.
La componente d’intrattenimento è assicurata, insieme a quel minimo di trama che non guasta mai e, se lo spettatore ha un minimo di pelo sullo stomaco, può anche sorridere in certe scene anche in un contesto drammatico e catastrofico, capace di segnare la storia di un paese.
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