PECHINO È IN COMA – Ma Jian
4 Giugno 1989. In piazza Tienamen in Cina, decine di studenti, protestavano, non capivo bene per cosa. Sulle tv di tutto il mondo rimbalzava l’immagine di un ragazzo che cercava di fermare un carro armato. Troppo piccola per interessarmi davvero ad avvenimenti simili. Quell’episodio è rimasto vago nella mia mente, finché non mi sono trovata tra le mani questo libro.
Un libro esplicito, difficile da capire fino in fondo, impegnativo da seguire e da digerire. Dai Wei è in coma vittima di quel 4 giugno vive due vite parallele. Quella di vegetale nel suo letto e quella di figlio del comunismo cinese giovane ragazzo e poi studente. Dai Wei ricorda, ricorda suo padre arrestato per aver espresso le sue idee di libertà, ricorda da piccolo il suo primo amore, ricorda la sua prima volta da prigioniero. Arrestato per aver copiato alcune pagine di un libro proibito per aver avuto un appuntamento clandestino con una bambina, arrestato e picchiato. Porterà per sempre il terribile ricordo di quella notte, che condizionerà la sua vita.
Una vita che scorre relativamente normale, tra gli ammonimenti di sua madre, incontri e l’ambiente universitario che è in fermento. Fino a quel giorno. Il 4 giugno 1989, su ordine di Deng Xiaoping, i carri armati entrano nella piazza facendo fuoco sugli studenti lì ammassati per protesta da tre settimane. Tutto era iniziato come una manifestazione di lutto per la morte del riformista Hu Yaobang, per poi ampliare il movimento in una protesta contro la corruzione e in una richiesta di regime più democratico. Una strage, di cui tutt’oggi la Cina si vergogna. Una pallottola colpisce Dai Wei che “vive” i suoi ultimi anni immerso nel passato, che percepisce il presente attraverso sensazioni, odori, poche parole di cui capisce il senso. Accanto a lui pochi amici sopravvisuti al governo cinese, sua madre e la polizia, che vuole imprigionarlo. Una madre stanca, impaurita, che invoca la morte del figlio affinchè possa liberarlo.
Un romanzo gravoso, scritto da un uomo che ha vissuto sulla propria pelle le difficoltà di essere cittadino cinese e di esprimere le proprie idee. <strong>Ma Jian</strong> ha scritto questo libro perché ha vissuto quegli eventi, perché ha visto suo fratello in coma, perchè lui c’era. E attraverso questo libro lui denuncia, narra, testimonia e, soprattutto, costringe a ricordare. Lui non vuole stigmatizzare il dolore al contrario – è attraverso la memoria che continua la vita – afferma- il partito ha fatto il lavaggio del cervello ai suoi cittadini, ha cancellato la memoria lo ha mandato in coma. Ovviamente queste idee lo hanno costretto all’esilio, ma promette che ovunque andrà continuerà a scrivere di uomini cinesi, della Cina … e in cinese.