LA PARTITA LENTA – Paolo Sorrentino
Tre maestri del cinema italiano (Paolo Sorrentino, Gabriele Salvatores ed Ermanno Olmi) hanno partecipato al progetto cinematografico PerFiducia, realizzando un cortometraggio ciascuno sul tema della fiducia.
Il corto di Paolo Sorrentino analizza i sentimenti che, nel bene e nel male, più caratterizzano la vita: le preoccupazioni, la solitudine, la frustrazione ma anche la solidarietà, l’amore e, appunto, la fiducia. Le preoccupazioni sono quelle che angosciano la famiglia protagonista: qualcosa da nascondere, una madre anziana in casa, tensioni tra moglie e marito.
La solitudine è rappresentata nella sequenza ambientata nel supermercato: il centro commerciale, simbolo per eccellenza del consumismo di massa, solitamente territorio di folle zigzaganti tra gli scaffali alla ricerca di quel nuovo prodotto visto alla pubblicità, si trasforma in un tempio della solitudine. Il parcheggio è vuoto, a eccezione di un carrello abbandonato; un trenino per bambini si muove davanti alle vetrine ma l’unica passeggera è una vecchia signora che tiene in braccio il suo barboncino; il solo cliente del supermercato è un ragazzo ossessivamente impegnato a giocare ad un videogame.
Nella sequenza degli spogliatoi, invece, vengono descritte la frustrazione e la solidarietà. Mentre nell’aria si percepiscono la tensione e l’angoscia che opprimono i giocatori, lo scatto di rabbia di uno di loro scatena la solidarietà dei compagni e si conclude con un emozionante abbraccio. Successivamente, durante la partita di rugby, la scena in cui il ragazzo segna il punto è il momento cruciale del corto, metafora della convinzione che per superare le difficoltà della vita occorra lottare, e solo avendo fiducia in noi stessi e negli altri si possa arrivare alla meta. L’amore è affrontato nelle scene finali ed è tutto concentrato nel gioco di sguardi tra la donna, il marito e il figlio.
Il bianco e nero, in questo caso, non è un vezzo che regala atmosfera al cortometraggio, ma qualcosa che lo rende ancora più semplice e pulito. I dialoghi sono praticamente assenti, ma è prestata grande attenzione ai rumori (la musica del trenino, l’attrito dei piedi contro la terra fangosa, il temporale in avvicinamento …). La fotografia e le riprese sono estremamente curate, ed è bellissima la melodia lenta che scandisce il momento clou del cortometraggio, in cui il figlio corre tra gli avversari e riesce a fare meta.
Non è un film di comprensione immediata, uno di quelli che palesa subito ciò che il suo autore vuole trasmettere. Probabilmente, però, sarebbe sbagliato soffermarsi troppo sul significato: è un concentrato di emozioni e, prima di cercare di coglierne il senso, la cosa più giusta da fare è assaporarlo a pieno.