FALLING – Viggo Mortensen
Falling è l’opera prima di Viggo Mortensen dietro la macchina da presa. Film in cui albergano due anime di questo attore poliedrico: quella più rude, violenta legata alle proprie origini, alla propria terra ai profumi della natura, la libertà, i suoi cavalli e quella più delicata, fragile fatta di silenzi, parole non dette con la voce ma con il solo linguaggio del corpo.
Falling è la storia di un uomo, di un padre, Will (Lance Henriksen), personaggio costruito ad hoc per essere odiato dallo spettatore a causa della sua testardaggine, del suo essere conservatore convinto, ricco di frasi sprezzanti, già assurde per gli anni in cui era nato, figurarsi con la società attuale. Will è anche un vecchio stanco e il suo essere infermo e impacciato ma, al contempo, volgare e scorbutico, lo rendono anche in qualche modo buffo, goffo. Egli è una persona bisognosa di affetto, sola, tanto sola. Una persona che sta contando gli ultimi anni di vita, dopo che ogni affetto che ha attraversato la sua esistenza o è passato a miglior vita o si è allontanato per il suo carattere dispotico.
Falling è anche la storia di un altro padre, di un altro uomo a cui non è andata molto meglio rispetto al padre, parliamo di John (Viggo Mortensen) figlio di Will che, con le sue fragilità, luci ed ombre, comunque è riuscito ad essere padre e uomo esemplare. C’è chi come John, omosessuale dichiarato e sposato con suo marito Eric, riesce a trasmettere alla figlia di quest’ultimo tutto il calore di cui ha bisogno, senza pregiudizio alcuno.
Giunto ormai al tramonto dei suoi anni Will non è più autosufficiente ed è in quella fase della vita in cui si tende a ritornare bambini, quqsi neonati, bisognando di tutta la pazienza e comprensione di cui un uomo dispone. In certi momenti, tuttavia, la sua presenza sembra prosciugare la vita e gli equilibri di John, che sta mettendo in campo tutte le sue risorse, economiche e umane, per trovargli un alloggio vicino al proprio e potergli dare l’assistenza che merita. In fondo suo padre è quello che lo ha accudito, insegnato (a suo modo) le cose importanti della vita, pur senza mai accettarne l’omosessualità. Ora è il momento di ricambiare.
Viggo Mortensen ci parla di vita, precisamente del ciclo della vita, in maniera secca, diretta, senza troppi giri di parole, regalandoci un’interpretazione ancora più magistrale di quella in Greenbook. E’ stato oggetto di polemiche la sua interpretazione dell’omosessuale, dato che l’attore è etero; ma lasciamo questi commenti in un angolo, al pari di quelli che esprimono pregiudizi nei confronti della famiglia composta di genitori omosessuali, come quella di John e Eric.
Menzione speciale all’interpretazione di Lance Henriksen, meritevole di Oscar. Il caratterista riesce a trovare un equilibrio all’interno della ”follia” di questo personaggio, sublimandone ogni aspetto. Come, infine, non citare lo stile di Viggo dietro la macchina da presa che, in certi momenti, ricorda quello di Clint Eastwood.
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