DIAVOLI DI DONNE – Jim Thompson
Frank Dillon è un uomo che ha fatto molti errori. Per tirare avanti ha dovuto accettare un lavoro da venditore ambulante per un capo dall’etica discutibile, mentre una moglie accidiosa e volgare lo attende (qualche volta) a casa. Ma Frank “Dolly” Dillon è un catalizzatore di negatività e girando di casa in casa si imbatte in numerose storie di vita quotidiana, anche quelle più strane, quelle al limite del surreale.
Tra questi racconti suburbani, alla fine,sbuca una vecchia megera che gli offre, in cambio di posate e qualche carabattola, nientemeno che la dolce compagnia della sua deliziosa nipote Mona. Dolly si innamora della ragazza e, quando appare evidente che la vecchia ha realizzato una fortuna con questo sistema perverso, la mossa che salverà capra e cavoli per Dolly è quasi naturale…
Quando Stanley Kubrick lesse ‘L’assassino che è in me’, assoldò immediatamente Jim Thompson per farsi aiutare nella sceneggiatura di Rapina a mano armata e nel capolavoro Orizzonti di gloria; purtroppo, però, nonostante la fortuna iniziale di Kubrick sia dovuta praticamente a Thompson, allo scrittore non restarono che le briciole: prima del 1972, con Getaway di Sam Peckinpah, nessun altro suo romanzo sarà portato sul grande schermo, né le vendite gli assicureranno fortuna o anche solo una vita decorosa. Questa, in breve, la biografia di un grande scrittore che, inventando quasi di sana pianta un genere che sembra quasi impossibile appartenere ai lontani anni ’50, invece di raccoglierne i frutti e la gloria contemporanea, prenderà lentamente il posto del più scialbo dei suoi personaggi, terminando la sua esistenza solo e alcolizzato.
Per quanto inesorabilmente spietata fosse la penna, Thompson la amò alla follia e A Hell of a Woman è forse il suo capolavoro: gettando le basi per un noir fuori dagli schemi (innegabile, in molti passaggi, la somiglianza dello stile con l’hard boiled chandleriano, in un contesto del tutto diverso) Thompson esplora gli animi più perversi di un’America corrotta. Ma la scrittura piacevole e rilassata (non pensiamo ad un coacervo di nefandezze e volgarità) è un contrasto troppo forte con l’ambientazione per non rendere unico e irripetibile il colpo messo a segno da Dolly e dal suo geniale creatore con questa splendida storia: Dolly è l’emarginato buono ma scaltro, forse non abbastanza da riuscire a districarsi in un universo in cui la sofferenza e la disperazione hanno reso marcescente anche l’anima più candida. Jim Thompson è uno specchio deformante da Luna Park in cui si riflette il sogno americano, lo scheletro sporco di ognuno di noi, il viaggio attraverso ironia e allucinazioni perverse che, come spesso accade nei suoi romanzi, devia bruscamente in un finale stroboscopico di squallore e disgusto. Fanucci ristampa tutti i capolavori di Thompson, abbiamo l’occasione di ripescarli e scoprire un tassello spettacolare della narrativa americana.