CREED – Ryan Coogler
La voglia di reboot (o seguiti mal celati) non si ferma e dagli Stati Uniti sono pronti tutta una serie di riedizioni di grandi classici del passato che, o hanno semplicemente cambiato giacca e cravatta in favore di abiti più giovanili, o sono stati rivisitati ponendo l’accento su differenti registri narrativi. Anche un franchise come Rocky, che sembrava aver detto tutto ma proprio tutto, sembra avere ancora qualche colpo in canna.
Tutto si deve alla mente geniale di Sylvester Stallone che si conferma un numero uno non solo in campo recitativo, ma anche come sceneggiatore particolarmente bravo a scegliere il personaggio giusto, tanto da riuscire a far breccia nei cuori degli “adolescenti” di tutte le età. Era il 1976 quando egli si reinventò un’intera carriera grazie ad una sceneggiatura che lo lanciò ufficialmente nello star system hollywoodiano, vincendo tre Oscar (miglior film, miglior regia, miglior montaggio) e dando vita a cinque seguiti e uno spin-off, Creed appunto.
In Creed l’attenzione si sposta su Adonis Johnson (Micheal B. Jordan) frutto di adulterio da parte di Apollo Creed che, prima della sua morte, ha avuto tutto il tempo di tradire la moglie, Mary Anne (Phylicia Rashad), con la madre di Adonis. Anni dopo la morte del grande pugile è proprio la moglie Mary Anne a dare ricovero e una buona istruzione ad Adonis. Quest’ultimo segue il percorso di un bambino normale, ma sfoga tutta la sua irrequietezza combattendo e smenando le mani proprio come il padre e, anche se crescendo capisce l’importanza di un lavoro normale, si sente ingabbiato e non rappresentato da un impiego in ufficio.
Adonis si presenta sempre con il cognome della madre naturale perché vuole evitare di essere accostato a quel gigante del padre, e non vuol che la sua ombra lo schiacci e gli impedisca di spianarsi una strada propria. Quando, però, capisce che il suo vero posto è sul ring e decide di fare sul serio, Adonis sa che una sola persona è in grado di allenarlo come si deve: Rocky Balboa.
Questo il nocciolo della questione attorno alla quale ruota l’intero film: Stallone si è solo fintamente fatto da parte in questa sceneggiatura ma, fondamentalmente, continua ancora a reggere tutta l’impalcatura narrativa, nonostante il suo personaggio abbia una certa età, problemi di salute e una chemioterapia da affrontare. Stallone deve tutta la sua carriera a Rocky, questo personaggio-icona non solo ne ha presentato l’inizio, ma proprio grazie al suo ritorno in Rocky Balboa (2006) è riuscito nell’impresa di risalire la china, dopo una serie di pellicole scadenti. Grazie alla ritrovata credibilità ha potuto reinventarsi una carriera e lanciare un altro fortunato franchise: I Mercenari.
Creed rimescola le carte in tavola confermando le sue indiscusse doti attoriali e confermando che la boxe non si chiude solo in un ring dove due uomini si affrontano massacrandosi di botte, ma visualizzando ed esternando tutto il percorso che vede due uomini che, dandosele di santa ragione, si conoscono e imparano tramite i pugni dell’altro a sfidare i propri mostri. “Un passo la volta, un pugno la volta, un round la volta.”
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