ZOMBI! – Francesca Lenzi
Che sia un periodo di positiva floridezza per i filone cinematografico degli zombi è ormai un dato di fatto. Tra il rinnovato patto di alleanza tra i living dead e il loro progenitore Romero, e il traboccante filone della comedy che può fregiarsi di riusciti titoli come L’alba dei morti dementi e Benvenuti a Zombieland, diverse sono le pubblicazioni che varcano le porte dei bookstore proprio per narrare l’epopea dei cadaveri deambulanti.
A concentrarsi prettamente sull’ambito cinematografico, pur riuscendo a viaggiare (all’interno dello stesso) fra tradizioni popolari, narrativa e disegno (se mettiamo in mezzo anche le tavole firmate dalla stessa autrice, ispirate a scene e personaggi della saga romeriana), arriva il volume Zombi! firmato da Francesca Lenzi. Il fulcro del saggio sono i sei film di George A. Romero, analizzati singolarmente in maniera minuziosa, ma osservati anche sotto il punto di vista dei “corpo unico”, di una lunga linea evolutiva dei morto vivente made in Pittsburgh.
Francesca Lenzi (già autrice di saggi critici sul cinema) seziona attentamente i corpi filmici, mettendo a fuoco, episodio per episodio, luoghi (con attente osservazioni sui differenti rapporti fra i protagonisti, le location esterni e quelle interne, fortezze sicure o trappole che siano), protagonisti (con strutture a squadra e schede singole) e commenti critici ben strutturati.
Il volume si porta avanti ad ampi respiri, proponendosi in maniera più suadente a lettori già ben consci della materia Romero, più che a novelli appassionato di horror che vogliano avere un’infarinatura leggera della saga. Tra le citazioni più disparate, il lettore avrà modo di assistere ad una vera e propria evoluzione del personaggio-zombi: partendo dal progenitore dei living dead, che assale Barbra e suo fratello nel cimitero de La notte dei morti viventi, passando ai morti viventi suoi contemporanei, inconsapevoli e incoscienti, per arrivare ai cannibali spinti unicamente da pulsioni fisiche e appetiti da saziare dello Zombi del 1978 ed approdare infine ai morti viventi che tentano di riavvicinarsi alla vita che hanno perso (dal Bub de Il giorno degli zombi, 1985, al Big Daddy de La terra dei morti viventi, 2005).
E proprio al concetto di “evoluzione dei morti” è il filo rosso che Francesca Lenzi individua all’interno di una saga che, altrimenti, potrebbe vantare un’assoluta separazione tra capitolo e capitolo. Un’evoluzione suggerita dai titoli di quelli che sarebbero dovuti essere i capitoli di una trilogia [poi ampliata], e quindi da quella scansione temporale che passa da night a dawn a day, che si concretizzano nel cambiamento “estetico” che porta i living dead a mutare dai ghouls [che ricordano quelli della tradizione haitiana], fino ad arrivare a quelli più strutturati e con un’individualità riconoscibile, presenti in La terra dei morti viventi: da i poco spaventosi morti in b/n, fino a quelli di Zombi, che continuano a differenziarsi dai vivi unicamente per il colore grigio-blu della pelle, ma che manovrano un’esplosione del pigmento horror per eccellenza, il rosso, quello del sangue, colore che “unisce i vivi e i morti”, come sottolinea la Lenzi, visto che “il fluido che zampilla dalla ferita di un morso è del tutto simile al liquido che sgorga dai corpi degli zombi […]”.
Francesca Lenzi inquadra, poi, l’importante momento cinematografico del passaggio di Romero alla grande produzione, con La terra dei morti viventi, per poi tornare alla carica con due lungometraggi freschi e potenti, in pieno stile indie (Diary of the dead, 2007 e Survival of the dead, 2009).
Il viaggio tra i cadaveri ambulanti, tra il cannibalismo e la blasfemia che sta alla base del ritorno alla vita in sembianze decomposte (ben distante dalla promessa di resurrezione dei corpi del dio cattolico), si allarga, in paragrafi più asciutti, in cui Lenzi si sofferma su film come L’isola degli zombi, Ho camminato con uno zombi, L’ultimo uomo sulla Terra, Zombi 2, Il serpente e l’arcobaleno, Resident Evil e L’alba dei morti dementi, sempre analizzandoli in relazione ai classici romeriani, per costruire strutturalmente un’immagine dei morti viventi, per quanto possibile, completa e unitaria.