X-MEN 3 – Bryan Singer
Un siero capace di “guarire” i mutanti dalla loro diversità, eliminandone i poteri e riportandoli in una condizione di “normale” essere umano, diviene nuovo simbolo di scontro tra due fazioni di mutanti: da un lato il professore Xavier, e il suo desiderio di lasciare libero arbitrio, dall’altro Magneto, pronto a sollevare il siero come emblema di scontro con la razza umana.
In questo già problematico scenario, si inserisce la figura di Jean Grey, la cui personalità più aggressiva, sinora nascosta, esplode generando nefaste azioni e morti imponenti capaci di modificare per sempre lo scenario dove si muovono gli X-men.
Brett Ratner (Red Dragon, Rush Hour) sostituisce Bryan Singer in cabina di regia per questo episodio che chiuda una ipotetica trilogia centrata sui mutanti ideati da Stan Lee e Jack Kirby. E la differenza si vede. Senza nulla togliere al regista di New York, Ratner lascia in secondo piano l’azione folgorante e la spettacolarità dei precedenti capitoli, presentandosi con un taglio più introspettivo, realistico e (per questo) spietato. Gli X-men non sono più solo divertissement, si evolvono verso una forma più tangibile, dove la follia non è solo quella del nemico principale, ma si annida tra le proprie fila.
X-men 3: Conflitto finale non dimentica le proprie origini pittoresche, arricchendosi con sfumature che donano profondità (il percorso e la gelosia di Rogue, i dubbi di Logan) ed eventi dalla portata tragica in grado di mantenere elevati pathos e tensione emotiva (lo scontro tra Jean ed il professor X, il contatto tra la prima ed il povero Cyclops), superando la nomea di balocco. Il migliore dei tre.