WRONG TURN 2 – Joe Lynch
I boschi della West Virginia diventano sede del reality show “The Ultimate Survivalist”, ultima frontiera della tv spazzatura dove un manipolo di partecipanti cerca di sopravvivere in uno scenario post-apocalittico. La sfida tra i concorrenti non inizia veramente perché una famiglia di cannibali, che dimora nella zona, da il via ad una caccia ai danni dei sei malcapitati e dei membri della troupe. La mera finzione televisiva si trasforma così in una concreta lotta per la sopravvivenza, dove solo il proprio istinto può qualcosa contro l’innaturale forza dei cannibali.
Destinato direttamente al mercato dell’home video questo Wrong Turn 2 si lega al primo episodio solo per la presenza dei cannibali deformi, quietandosi sulle acque del puro divertissement, imbastendo una pantomima da serie B dove l’unico obiettivo è far trascorrere un’oretta e mezzo di pura spensieratezza. Il capostipite della serie riusciva ad incastonare momenti di tensione uno dopo l’altro senza inventare nulla di nuovo, ma sapendo giocare con una formula ben rodata, tuttavia perdendosi in un finale becero in cui i protagonisti diventano provetti tiratori con l’arco, lottatori e chi più ne ha più ne metta. Con Wrong Turn 2 aspettatevi una inversione di marcia, stavolta infatti, sin dalla manciata di secondi iniziale, si capisce la scelta del regista di immergersi nell’humus (sempre fecondo) del cinema dalle poche pretese. Ecco così sciorinare una serie di personaggi che riescono a rendere poco credibili anche gli stereotipi a cui si aggrappano: come non citare la marine lesbica dagli irremovibili ideali militareschi, l’ex campione di football che cerca rivalsa nella vita, la vegetariana dalle tendenze suicide oppure lo skater idiota incapace di stare zitto.
Su tutti poi si erge la figura del mitico Henry Rollins che impersona l’ex marine, conduttore del programma e vero e proprio mattatore della pellicola, che ci regala una interpretazione volutamente fuori le righe, ricca di sguardi assassini e pose da bad boy. Abbondante la dose di splatter grazie al lavoro di Terezakis che usa poco la computer graphic a favore dei classici (e più funzionali) lattice e salsa di pomodoro, mostrando sventramenti, decapitazioni oltre che innumerevoli e sanguinose ferite da taglio e da freccia.
In un contesto del genere dovete necessariamente tenere in considerazione il fatto che, in primis, il regista e lo sceneggiatore hanno volutamente deciso di creare una pellicola in cui riversare tutti gli estremi (nel bene e nel male) dei film anni ’80, perciò non cercate di dare una spiegazione agli innumerevoli buchi di sceneggiatura o alle incongruenze che saltano fuori come conigli dal cappello del mago. Dedicato agli amanti del thrash volontario.