WEEKEND TRA AMICI – Stefano Simone
Un weekend in campagna, lontani dalla città e dalle rispettive vite, con un televisore che trasmette l’attesissimo incontro quadrangolare di calcio: questa è la ricetta scelta da quattro amici di vecchia data per staccare la spina, in nome del caro vecchio binomio maschilista divano&partita.
Il ricco scapolo Gianni, il neo-sposino Marco, il vulcanico avvocato Fabrizio e il padre di famiglia Stefano si sistemano davanti allo schermo; ma tra le ripetute interruzioni della partita e alcune delicate confessioni, il clima nella piccola abitazione campagnola si corrompe velocemente trasformando il fine settimana in una spietata ed improvvisa occasione per riflettere sulle proprie vite e su quelle altrui. L’amicizia fa da specchio alle proprie frustrazioni e insoddisfazioni, minando l’equilibrio dei quattro uomini e le certezze dei loro rapporti. La sfiducia porta ad esasperazione, l’esasperazione all’aggressività. Il Weekend Tra Amici del regista pugliese Stefano Simone rischia di avere un epilogo di sangue.
L’ambizioso racconto, scritto da Francesco Massaccesi (cognome stimolante per tutti i cinefili e fan del grande Joe D’Amato), è un pittoresco parallelo fra gli avvenimenti raccontati dalla telecronaca tv e quelli che scompigliano le dinamiche dei quattro protagonisti, in una lezioncina thriller sul lato oscuro dell’amicizia.
Gli attori, veracemente conterranei del regista, hanno la responsabilità di sorreggere i prolissi dialoghi che conducono all’escalation emotiva ritratta. Non siamo di fronte ad attori amatoriali, ma neanche a presenze capaci di portare del tutto a compimento la missione: così, fra qualche dizione da ritoccare e situazioni tirate per le lunghe (vedi alcuni infiniti dibattiti da Processo di Biscardi), ogni tanto il timone di Simone frulla libero e le onde trascinano la serata tra amici verso il largo della confusione.
Simone non dirige in maniera sprovveduta, ma ogni tanto va incontro a qualche amnesia tecnica, con riprese un po’ traballanti ed un paio di sequenze eccessivamente statiche e insipide nella parte centrale del film. Il difetto principale è la scriteriata fotografia sgargiante, che sottrae ogni tipo di atmosfera crepuscolare ad un racconto che sarebbe potuto risultare molto più cupo ed ambiguo; la luce (accecante) à la Occhi Del Cuore scelta per abbracciare le vicende è quantomeno fuorviante.
Ma se l’occhio rimane un po’ stordito, ci sono altri sensi pronti a sopperire e accogliere la coraggiosa riflessione su vita ed amicizia, talvolta un po’ confusionaria ma a conti fatti (dopo i sessanta minuti di girato) qualche spunto emerge e rimane, soprattutto nel feroce finale.
In maniera naif, Simone coglie interessanti dinamiche umane e le trascina al limite, in una soffocante, claustrofobica resa dei conti. O meglio, una “eliminazione diretta” che riconduce l’italiano medio alla propria stereotipata passione e all’altrettanto stereotipata (ma realistica) insoddisfazione nei confronti della propria esistenza, che diventa il peggior nemico. Il cerchio, partito dall’amicizia, non poteva chiudersi in maniera più stridente.