WATCHMEN – Zack Snyder
Nixon riesce ad ottenere il terzo mandato come presidente degli Stati Uniti, siamo nel 1985 e la tensione con la Russia è palpabile: la minaccia nucleare si insinua sotto la pelle di ogni cittadino americano. Nel mentre i Watchmen, un gruppo di supereroi, hanno tolto i costumi in seguito ad un decreto del governo, spinto dal motto “Who watches the Watchmen?” (“Chi controlla i Guardiani?”) urlato dalla popolazione scesa in piazza.
L’omicidio di uno di loro, il Comico, insinua in un suo ex-compagno, Rorschach, il dubbio che qualcuno si stia muovendo contro di loro, spingendolo ad indagare. Il Dr.Manhattan, un altro supereroe capace di vedere attraverso le faglie del tempo, nonché unico capace di fermare l’eventuale attacco russo grazie a veri superpoteri, perde fiducia in se stesso e nell’umanità, dando il via al countdown dell’orologio dell’apocalisse.
Estrapolare il linguaggio letterario (è il caso di dirlo per Watchmen) e mutarlo in cinematografico non è operazione semplice: sono infinite le forme che può assumere un evento su carta, legate alla bravura del disegnatore e dello sceneggiatore, mentre la fraseologia su pellicola è intrinsecamente legata alla limitatezza dal mezzo. La concezione spazio-temporale che Alan Moore ha voluto imprimere nel suo Watchmen è impossibile da ricreare nel film, viene così a mancare quella sorta di “viaggio” attraverso sensazioni ed eventi che si dilatano per ricongiungersi in una anomala dimensione umana. Manca il filtro imposto dal lettore che assimila il contenuto delle vignette con una tempistica tutta sua, fruendo delle informazioni e dei turbamenti trasmessi e vagando attraverso realtà sino all’epilogo finale. E’ come se si passasse da un mondo tridimensionale ad uno poggiato su due sole dimensioni.
Non è un caso se Watchmen ha avuto una gestazione di quindici anni, passando tra le mani di diversi sceneggiatori e registi (il penultimo dei quali è stato Terry Gilliam che aveva pronosticato un film di quasi otto ore), subendo le gioie così come le ire dei fan, venendo disconosciuto dal suo creatore/sceneggiatore Alan Moore ed appoggiato dal disegnatore Dave Gibbons, scivolando dalla 20th Century Fox ed approdando alla Warner Bros.
Watchmen è uno spaccato storico/sociologico/culturale che affonda le radici in un retaggio umano dal grosso spessore; i supereroi diventano simbolo di una rivalsa, di un bagliore che sembra accecare il popolo americano (ed i suoi simboli di giustizia), sono baluardi capaci di creare un’eco che spazza via il disagio di mezzo secolo di storia. Ma specialmente, sono esseri umani. Fragili come ogni altro uomo che li ha innalzati nell’olimpo possono compiere scelte sbagliate, cadere senza essere più in grado di alzarsi. Ed è questo spaccato che Snyder/Moore vogliono (e riescono) a mostrare egregiamente. L’adrenalinica scena iniziale in cui il Comico viene scagliato da un grattacielo infrangendo una vetrata, segna anche l’incrinarsi di un sogno: quello americano. La continua ricerca di Rorschach simboleggia l’incapacità di arrendersi di fronte alla beffarda realtà. I protagonisti, interpretati da volti sconosciuti ma che dimostrano tutta la loro personalità e bravura, si muovono come ombre appesantite non dal tempo che passa (nel senso di orologio biologico), ma dai tempi che mutano, spazzando ciò che la gente ha dimenticato nel cassetto.
Struggente il funerale del Comico, accompagnato da una canzone evergreen come “The sound of silence”, e dalla pioggia che, come infiniti aghi, trafigge il gruppo degli ex-supereroi. Snyder gioca su campi già rodati, affidando la colonna sonora a brani classici (di Nat King Cole, Bob Dylan, Janis Joplin, Leonard Cohen, Billie Holiday) supportati dalle canzoni originali di Tyler Bates. Brani riflessivi come tutta la pellicola. Non fatevi ingannare dal trailer, le scene d’azione non mancano, sono montate, girate e coreografate ad arte, ma coprono la minor parte del film: la riflessione sui dolori subiti dall’umanità nel corso degli anni (la guerra fredda, il timore nucleare, il Vietnam), e sull’ineluttabile caducità della vita sono il fulcro della pellicola.
Il finale è stato modificato, dicono, dopo il disastro delle torri gemelle. Non volendo anticipare nulla mi limito a scrivere che la sensazione generale rimane uguale tra fumetto e film, tuttavia a livello di impatto sicuramente la graphic-novel di Moore/Gibbons gode di un maggiore impatto emotivo.
VOTO: 8/10
Regia: Zack Snyder
Cast: Jeffrey Dean Morgan, Patrick Wilson, Jackie Earle Haley, Carla Gugino, Malin Akerman, Billy Crudup, Matthew Goode
Canada, Gran Bretagna, USA, 2008