VERSIPELLIS – Donatello Della Pepa
Gemelli nel grembo materno, simbolo ideale di serenità e vita, diventano istintivi assassini nel medesimo ambiente, cibandosi di uno dei tre per la propria sopravvivenza. Giulio e Francesco nascono con malformazioni, uno ha una spina dorsale deforme, l’altro si tramuta in licantropo. Due fratelli che seguono percorsi diversi ma che sono destinati a incontrarsi nuovamente, in seguito ad una serie di omicidi in cui sono in qualche modo implicati.
Ambientato in una Roma crepuscolare, il film di Donatello Della Pepa ha un grosso pregio che, al contempo, può trasformarsi in difetto in base allo spettatore: l’aura ottantiana che lo permea. Echi de L’ululato, accenni grotteschi di Un lupo mannaro americano a Londra, così come graffi ereditati da Il bacio della pantera (anche se per zampe diverse), il tutto passando per drammi familiari che strizzano l’occhio ai primi due episodi di Ginger Snaps. Dalla sceneggiatura, scritta a quattro mani da Luca Ruocco e Della Pepa, emerge chiaro e tondo questo amore che non può che colpire con un’insana nostalgia chi siede di fronte lo schermo. Versipellis è un film ottantiano, realizzato con ottimo gusto nel ventunesimo secolo e questo … ci piace. Il piacere di rivedere i mostri realizzati con trucchi home-made, niente computer graphic o artifici vari; costumi, lattice, telecamera che indugia nell’oscurità, squartamenti godibilissimi e atmosfera rarefatta. In questo senso il lavoro di Luigi D’Andrea, che ha realizzato il costume del lupo mannaro alto oltre due metri, è lodevole.
Naturalmente chi ha plasmato il proprio immaginario con il lupo mannaro/mostro di Underworld o Twilight, non può che accostarsi a Versipellis per tentare di colmare una lacuna oppure per calciarlo via. Ma questo fa parte del gioco che gli autori vogliono affrontare e non lo nascondono.
Gli attori che impersonano i personaggi principali sono ottimamente calati nella parte, mutando il proprio fisico per impersonare il loro vecchio io (immortalato in fotografie d’infanzia) e l’attuale mutazione (capelli rasati, ciglia perse in seguito alla trasformazione … ). La storia che si abbatte alle loro spalle non viene approfondita, trattandosi di un cortometraggio, ma pennellata probabilmente in attesa di un lavoro di più ampio respiro. L’unico vero punto debole riscontrato è l’eccessiva ostentazione del lupo mannaro, che si sarebbe dovuto celare nell’ombra maggiormente, in modo tale da giocare con chiari e scuri minacciosi dato che, nonostante la buona fattura, si tratta pur sempre di un costume.
La voglia di tuffarsi negli anni ’80 cresce grazie a Versipellis, lavoro imprescindibile per i nostalgici e gli aficionados di un genere che c’era ma che non è detto non ci sarà più.