UNBREAKABLE – M. Night Shyamalan
Oltre cento persone restano vittima di un incidente ferroviario. Detriti, sangue e lamiere contorte. Tutto distrutto tranne una uomo, David Dunn (Bruce Willis), uscito del tutto incolume dall’impatto. Elijah Price (Samuel L. Jackson), al contrario, è una persona soprannominata da ragazzino “L’uomo di vetro” per la sua tendenza a fratturarsi le ossa a causa di una rara malattia.
Due uomini opposti, caratteristiche divergenti, un bianco e un nero, due percorsi destinati ad incontrarsi.
Secondo lavoro di M. Night Shyamalan, dopo lo scintillante esordio de Il sesto senso, decisamente più coraggioso del primo ma proprio per questo più soggetto a difetti. Diciamo subito che vedere Unbreakable una sola volta non può che destare più di un dubbio, in quanto si cade subito vittima di un ritmo estremamente cadenzato, capace di intorpidire anche lo spettatore più volenteroso. Una seconda visione, tuttavia, apre nuovi spiragli e lascia immergere con cognizione di causa in un pamphlet con strati multipli di lettura, la cui cover vede uno stralunato Bruce Willis in primo piano.
Unbreakable affonda le mani in un retroterra fumettistico americano per nulla banale, proponendo lo slogan “A grandi poteri corrispondono grandi responsabilità”, in un devoto omaggio verso un caposaldo del regista Shyamalan. Tra immagini in bianco e nero irrorate da sprazzi di colore, atmosfere notturne illuminate dalla pioggia, Unbreakable necessita del giusto tempo per fermentare, esplodendo in una forza controllata, ma rimane costantemente vittima di un incedere troppo lento.