TOKYO FIST – Shinya Tsukamoto
La trappola commerciale (o meglio di pesante sbarramento spaziale dell’uomo) è posta in quel groviglio di cemento dove ogni giorno scriviamo le nostre storie, quelle azioni che non sempre hanno una fine ma un’interminabile continuità che diventa gradualmente sempre più veloce e confusionaria, nonostante le possibilità di fuga o, per i più coraggiosi, di interazione.
Quella forma d’incastro tra architettura e colore (già fortemente pronunciata in Tetsuo II) così presente e bianca nella sua apparenza è il metafisico inizio di questo dramma “ naturale “ tra Tsuda, Hizguru e Kojima. Lo si potrebbe definire ideale non perché giungla dell’uomo contemporaneo ma perché l’umanità nelle proprie passioni, nella perdita dell’umiltà, in qualche modo riconosce ancora il dolore prima dell’ambizione. Ancora una spinta emotiva che ci porta a riflettere per poi combattere, anche se nel proprio tormento, per amore.
Tokyo Fist è il triangolo perfetto: delle ossessioni, della gelosia, della mutazione (tematica DNA di Tsukamoto) specialmente di lei, Hizguru, che inizia a chiudere il pugno cercando non solo un cambiamento del proprio quotidiano ma del corpo, attraverso l’aggiunta di tatuaggi e spilloni.
L’intesa triangolare, definita prima naturale perché data da una rivalità che a volte la natura impone, in una opposizione forse ingenua che porta alla inevitabile condivisione della malattia. Questo perché Tsukamoto non racconta stadi d’animo, ma vere e proprie anomalie che portano alla morte (in questo caso mentale), dove le passioni non hanno tecnica ma tormenti che pian piano diventano ulcera, sofferenza amorosa e, nella fragilità del vivere comune, si tramutano in abbandono.
Di certo vediamo la lotta in Tsuda, ma vediamo anche la difficoltà di combattere da solo che in qualche scena sfiora l’humor nero. Presenta anche l’immaginario manga tanto caro alla cultura nipponica (soprattutto nello scontro fisico tra il protagonista e la sua donna) ma il dramma passionale supera quel volto contuso, scendendo nella decadenza della passione e nella ripetitività insopportabile del sapere se lei e il suo avversario si sono già uniti sessualmente. Nella rabbia provocata da un dubbio atroce potremmo domandarci “quanta passione c’è tra lei e Kojima?” e rispondere “fondamentalmente la carne di un uomo è la stessa ma non il respiro”!
TOKYO FIST è il risultato agghiacciante dell’ istinto per l’istinto, dei liquidi per i liquidi, dove la divisione strutturale, anche se psichica, diventa sempre più debole nel confronto con il corpo e la sofferenza amorosa. È un’ascesa di tormento ossessivo, dove la vittima non gioca più ma inizia a stringere il pugno quando avverte la mancanza di qualcosa.
VOTO: 7.5/10
Regia: Shinya Tsukamoto
Giappone, 1995
Cast: Kahori Fujii, Shinya Tsukamoto, Kohjii Tsukamoto, Naomasa Musaka, Naoto Takenaka