THE PYRAMID – Alex Visani, Luca Alessandro, Roberto Albanesi & Simone Chiesa, Antonio Zannone
Alzi la mano l’appassionato di horror che, negli ultimi mesi, non è rimasto affascinato dal susseguirsi di notizie, anticipazioni e immagini riguardanti un piccolo ed oscuro oggettino piramidale che tanto ricorda la famigerata scatola che scatena l’inferno nella saga di Hellraiser.
Erano le spore del nuovo, ambizioso lavoro del regista perugino Alex Visani (Zombi New Millennium, Ultimo Spettacolo), nome di culto nel panorama dell’indie horror nostrano nonché esperto in materia, soprattutto quando si gravita dalle parti di Clive Barker (adattò già un suo racconto nel cortometraggio La Soglia). Sviluppando un soggetto di Raffaele Ottolenghi, Visani raccoglie a sé alcuni promettenti colleghi registi e affida ad ognuno di loro uno dei quattro atti di piaga e sofferenza a cui vanno incontro gli sventurati che si impossessano dell’oggettino-feticcio.
L’antologico orrore di The Pyramid prende il via con il segmento diretto dallo stesso Visani, in cui ha luogo per la prima volta l’irresistibile e distruttiva attrazione che la Piramide provoca; i due ignari protagonisti trasformeranno la loro camera di hotel nell’anticamera dell’inferno, attraverso un oscuro e viscerale (letteralmente!) “Rituale”.
Questo primo assaggio delle malefatte piramidali ha un taglio psicologico ed introspettivo, ma sa anche soddisfare i palati più splatter con una scarica di gore – in salsa esoterica – sul finire del capitolo; è buona la tensione che lì ci conduce, un po’ meno incisiva l’interpretazione dei protagonisti, soprattutto durante le primissime avvisaglie di “possessione”, così come è poco avvolgente la fotografia, che non trasmette fino in fondo la cupezza delle vicende.
Il testimone passa a Luca Alessandro, che ci guida attraverso il disgregamento di una felice coppietta (molto brava Emilia Verginelli, nel poco tempo a disposizione) che ha la sfortuna di ritrovarsi fra le mani l’amuleto mortifero. “Dream Door” è il momento più statico ed anonimo di The Pyramid, nonostante l’atmosfera piacevolmente tenebrosa. Ispirato a “Notte Profonda” di Fabio Salerno, manca tuttavia di sostanza narrativa, e la piramide sembra un po’ ripetere le gesta viste in precedenza.
Dopo due incubi claustrofobici, Roberto Albanesi e Simone Chiesa (autori dei recenti e bei cortometraggi Happy Birthday e Diesis) ci portano all’aria aperta di campagna, ambientazione ideale dell’epidemia che trasforma un gruppo di ragazzi in un’orda di infetti vomitevoli, vomitanti e velocisti, dai rimandi a Danny Boyle. “Pestilence” è dinamico, divertente e non rallenta mai, fino a quando i protagonisti si ritrovano braccati in una lugubre e suggestiva cascina, momento in cui Albanesi e Chiesa dimostrano di saperci fare piuttosto bene anche nei momenti meno “action” e più d’attesa.
Questi toni e ritmi riecheggiano nella chiusura riservata ad Antonio Zannone che porta piramide, panico e morte in città; occorre dunque l’intervento di improvvisati “cacciatori” di infetti per evitare il peggio. Come nel caso del segmento precedente, anche in “Apocalypse” viene affrontato il lato movimentato dei misfatti piramidali e, con buona regia e parecchio sangue, Zannone conclude degnamente la parabola del film. Film che forse paga qualche rallentamento (che sia dovuto alla scelta di mantenere vicini i due momenti più mentali ed introspettivi?) ed alcuni momenti un po’ interlocutori che non permettono un amalgama ottimale della miscela architettata da Visani.
E’ vero altresì che i novanta minuti di The Pyramid offrono momenti divertenti, non lesinando sangue, morte e tributi ad un tipo di cinema (come quello barkeriano) da nostalgici dell’orrore che fu. E il racconto di Ottolenghi e Visani, visto complessivamente, è intrigante, cupo ed intriso di passione cinefila (il marchio di fabbrica del regista umbro, fin dalle prime opere) quanto basta per renderlo un piccolo e coraggioso cult di genere.