THE MIST – Frank Darabont
Una violenta tempesta si abbatte su Castlerock, portando molta gente ad affollare il supermercato della città per recuperare approvvigionamenti nel caso di un peggioramento delle condizioni atmosferiche. Dave Dreyton ed il figlio Billy, accompagnati dal vicino di casa Brent Norton, sono tra questi e lungo il tragitto assistono ad una sfilata di mezzi militari che accorrono verso una base installata nella cittadina. Arrivati all’affollato supermercato scatta la sirena d’emergenza dell’avamposto militare mentre una innaturale nebbia avviluppa Castlerock.
Improvvisamente un uomo col naso sanguinante sbuca dalla bianca coltre urlando e si scaglia dentro il supermercato, affermando che c’è qualcosa nascosto tra la nebbia: esseri mostruosi che la mente umana non riesce nemmeno a concepire.
Frank Darabont torna ad adattare per il grande schermo un racconto del maestro del terrore Stephen King dopo l’ottimo Le ali della libertà e il discreto Il miglio verde. Vedendo questi ultimi due titoli si capisce come il regista statunitense, pur restando nel reame di King, abbia scelto stavolta un lavoro che non possiede toni drammatici e malinconici bensì orrorifici. The Mist riprende diversi caratteri presenti in vari romanzi dell’autore (la devota che guida un piccolo gruppo di persone snervate dalla situazione irreale, il padre che raccoglie le forze per salvare la vita al figlio, i campagnoli con la mentalità chiusa) e li inietta in una situazione drammatica, braccati dall’esterno da entità ignote mentre dall’interno dalla stessa paura che li spinge a compiere atti irrazionali.
Interessante in questo caso vedere come fuoriesce dalle righe la feroce critica verso lo strapotere esercitato da pochi e come esso riesca ad influire sulle masse, plasmandone il volere, utilizzando vili strumenti di seduzione. La paura di prendere una scelta, il terrore di perdere tutto, la crisi di coscienza di fronte all’irrazionale come elementi da saper sfruttare per il mero interesse personale. I mostri intesi non solo in maniera fisica come creature che minacciano l’uomo ma anche come uomini che minacciano i loro simili.
Il film gode di una egregia escalation della tensione nonostante il tema e la situazione non siano delle più originali, grazie anche al palese citazionismo che King espleta nei confronti di un altro grande autore letterario, Howard Phillips Lovecraft, dal quale deriva il microcosmo delle creature. Gli effetti speciali non sempre riescono, specialmente quando i mostri appaiono per eccessivo tempo sulla scena. Per esempio i tentacoli digitalizzati del primo mostro che compare non sono particolarmente curati, così come gli insetti volanti. Di tutt’altra risma i mostri che si intravedono tra la nebbia, veri e propri colossi animati e disegnati con gusto.
Sicuramente una delle migliori trasposizioni di un romanzo di Stephen King, specialmente nello splendido e feroce finale che difficilmente dimenticherete, un’inaspettata conclusione accompagnata dalle tristi note dei Dead Can Dance.