THE FLYING SWORDS OF DRAGON GATE – Tsui Hark
Una tempesta di sabbia la cui imponenza si tramanda da secoli, un gruppo di eunuchi che tentano di imporsi in Cina con metodi più o meno leciti e un manipolo di guerrieri votati alla libertà del popolo. Vite che si scontrano leggeri come l’aria, possenti come un dragone.
Sorta di terzo capitolo del maestro Tsui Hark, dopo Dragon Gate (1966) e New Dragon Gate inn (1992), The flying swords of dragon gate si distanzia dai precedenti per un totale asservimento alla legge del 3D, qui vero e proprio “coreografo”. La fantasia non si espleta più attraverso corpi in volo leggiadri ma assassini, ma tramite oggetti (lame, tronchi, tavoli, … ) che vengono scagliati contro lo spettatore, divenendo fulcro intorno a cui far danzare i guerrieri.
Se da un lato, quindi, la cura meticolosa della messa in scena preposta al tridimensionale (curato dallo stesso Chuck Comisky di Avatar) non può che strabiliare, dall’altra strappa via la fisicità dei corpi ancor più che in altri lavori (La tigre e il dragone per citarne uno), spostando il baricentro del wu-xia stesso e rendendo il buon Jet-Li più inconcludente rispetto al solito.
La fantasia non manca e alcune scene di The flying swords of dragon gate non possono che ricordarci come in certi autori la tradizione del wu-xia si sposi con la nuova concezione del cinema, ma da un mestierante di alto livello come Tsui Hark ci si può (e ci si deve) aspettare di più. Buono per i più svariati palati, insipido per gli amanti del (vecchio) genere. Poco nostalgico.