THE CONJURING 2 – James Wan
James Wan è senza dubbio il filmmaker d’orrore contemporaneo con la più florida reputazione. Del resto, col miracolo indie di Saw – L’Enigmista (2004) e il conturbante, onirico mondo infernale della saga di Insidious (2010-13), il regista australiano ha dimostrato di saper affiancare solidità narrativa, eccessi visionari e sana originalità.
Con L’Evocazione – The Conjuring(2013), nonostante un eclatante e paranormale successo di pubblico, l’estro di Wan aveva mandato qualche scricchiolio, per un racconto ben confezionato ma che attingeva a strapiene mani da una tradizione horror non così di nicchia (The Amtityville Horror, Poltergeist…). La seconda “Evocazione”, così puzzava tremendamente di muffa e stantio. Ma…
In The Conjuring 2 – Il Caso Enfield, i coniugi “acchiappafantasmi” Ed (Patrick Wilson) e Lorraine Warren (Vera Farmiga) viaggiano a Londra per conoscere ed aiutare la famiglia Hodgson: la piccola Janet (Madison Wolfe, Trumbo, Joy) manifesta infatti i sintomi di una possessione diabolica, che sembra ricondurre ad un anziano e desolato spirito errante. Ma l’apparenza può ingannare, Wan sa ancora scegliere il tranello ed i twist giusti, dietro a un’apparente possessione “di routine” potrebbe nascondersi una soluzione più semplice. O al contrario, una risposta molto, molto più inquietante.
Il fuoriclasse trova il guizzo decisivo quando meno te lo aspetti, e questo è James Wan: The Conjuring 2 – Il Caso Enfield eclissa il suo compassato predecessore e diventa una splendida e funerea crisalide, un horror tentacolare, lungo (2h15m!) ed articolato di grande fascino. Merito di un racconto che scappa quando pensi di averlo ammaestrato, che solletica i nervi quando sei sicuro di averlo inquadrato, e soprattutto, sperimenta di più e cita di meno.
A dirla tutta, i riferimenti ci sono eccome, a volte anche “ufficializzati” (vedi il tributone iniziale al già citato Amityville, oltre all’inevitabile retaggio Esorcistico), ma il disegno e le atmosfere di Conjuring 2 hanno una loro autonomia. Che trascende le barriere di genere e sconfina – con buona riuscita – in una storia di paura, ma non puramente spiritica. Dettagli sociali e sentimentali, momenti musicali ad hoc, tempi narrativi attentamente calibrati: che sorpresa!
Il climax di sobbalzi non è vertiginoso, nè imprevedibile, ma chiude con una mezz’ora palpitante e davvero grottesca; merito anche del buoni effetti visivi, ad opera di James Albiez (Revenant, Avengers: Age Of Ultron). Se non ho parlato prima della regia è perché il dulcis, come da tradizione, va in fundo: lucida, creativa ed avvolgente, la camera di Wan si muove maestosamente nelle tetre e verdastre atmosfere dell’Inghilterra anni ’70, in una delle conduzioni horror più interessanti degli ultimi anni.
The Conjuring 2 – Il Caso Enfield contravviene alla durissima legge del “sequel”, è più insidioso del capostipite e concilia forma e sostanza, diventando probabilmente il lavoro più maturo dell’intera carriera di Wan.
Tag:film horror, Frances O'Connor, horror esorcismo, horror tensione anni ottanta, Lauren Esposito, Madison Wolfe, Patrick Wilson, THE CONJURING 2, THE CONJURING 2 recensione, Vera Farmiga