THE BRUTALIST – Brady Corbet
Dopo uno sviluppo travagliato, già di per sé meritevole di essere rappresentato in un film a parte, e dopo aver vinto 3 Golden Globe (Miglior Regia, Miglior Attore Drammatico ad Adrien Brody, Miglior Film Drammatico) e il Leone d’Argento per la Miglior Regia al Festival di Venezia 2024, arriva finalmente nelle sale The Brutalist, l’epopea dell’architetto ebreo-ungherese László Tóth, che, dopo essere scampato alla prigionia di Buchenwald, riesce a trovare rifugio negli Stati Uniti, all’epoca paese culla di grandi sogni.
Strappato al suo amore giovanile Erzsébet (Felicity Jones), viene inizialmente accolto dal cugino Attila, che decide di farlo lavorare nell’azienda di famiglia e, visto il suo grande talento come architetto della Bauhaus, gli commissiona la ristrutturazione di una grande biblioteca, trasformandola in un’elegante sala lettura. Il padre del committente, il ricco magnate Harry Lee Van Buren (Guy Pearce), infuriato per l’inaspettato cambiamento nella sua tenuta, licenzia tutta la squadra di operai. Perciò Attila decide di allontanare il cugino dalla propria vita.
Un giorno, mentre László lavora in un cantiere come operaio, viene avvicinato nuovamente da Harry, che si scusa per il temperamento dimostrato quel giorno e, per farsi perdonare, lo invita a cena nella sua tenuta con l’intento di esporgli un progetto ambizioso. Sicuramente, tra le doti di Harry non c’è quella della sensibilità artistica, ma egli possiede un grande istinto e sa riconoscere il talento, soprattutto quello artistico.
Abituato a comprare tutto ciò che non possiede e a ottenere con il denaro tutto ciò che desidera, decide di “comprare” il talento di László per costruire uno spazio polifunzionale che possa fungere da palestra, sala conferenze e chiesa, da lasciare in dote alla cittadina dove vive. L’intento è magnificare il suo ego e lasciare un segno della sua memoria per i secoli a venire. László accetta volentieri di costruire l’opera, a patto che Harry acceleri le pratiche per far arrivare dall’Europa la sua compagna, Erzsébet.
Dicevamo di una vicissitudine travagliata per questo film, la cui produzione sarebbe dovuta partire nel 2020 con un altro cast e un altro budget, ma prima la pandemia, poi la guerra in Ucraina, hanno reso impossibile lo svolgersi delle riprese. Nel 2023, grazie allo sforzo del regista e della produzione, con un nuovo cast, le riprese sono finalmente partite proprio da Budapest, in Ungheria. Il film risulta imponente, a partire dalla durata (215 minuti) che scorrono facilmente, soprattutto nella prima parte, la più forte e densa di contenuti.
Purtroppo, nella seconda parte si cerca di reiterare, a mio avviso inutilmente, la tematica della sofferenza di László introducendo una scena di abuso ai danni del protagonista da parte di Harry, totalmente decontestualizzata rispetto all’impianto narrativo che fino a quel momento aveva sostenuto magnificamente tutta la messa in scena.
Ovviamente, questo è solo un piccolo neo in un’orchestra di attori splendidi, ben diretti dall’ottimo Brady Corbet, tra cui spicca Adrien Brody, capace di regalarci un’interpretazione magnifica di un personaggio ricco di carisma ma, allo stesso tempo, umile e dimesso.
La fonte d’ispirazione per questo film Corbet l’ha trovata nelle opere di due scrittori: Winfried Sebald e Vidiadhar Surajprasad Naipaul. Il brutalismo, invece, è stato scelto come stile proprio perché, grazie a quelle geometrie molto definite e a quei chiaroscuri netti, poteva rievocare l’orrore e la prigionia dell’Olocausto.
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