TAKE SHELTER – Jeff Nichols
Presentato al Sundace Film Festival Take Shelter ha poi conquistato il premio della critica al Festival di Cannes e ora sta lentamente raggiungendo il nostro paese, soprattutto grazie al web. La seconda pellicola di Jeff Nichols segue una tendenza tanto in voga negli ultimi anni tra i giovani registi indipendenti americani, quella di utilizzare un genere solitamente mainstream, per affrontare tematiche sociali e più intimiste.
Il genere cinematografico non è di per sé qualcosa di facile definizione. Il compito appare semplificato nel caso dei blockbuster, poiché in essi i presupposti della trama e la struttura narrativa si fondono per seguire un’unica direzione. Ma il cinema indipendente si sta facendo sempre più ambiguo e tende ad esplorare diverse soluzioni drammaturgiche per sperimentare e, forse, trovare nuovi generi. Prendiamo per esempio Moon pellicola fantascientifica che non segue proprio tutti i clichè del genere o il più popolare e forse più convenzionale District 9, ma anche il più recente Another Earth .
Tema principale in Take Shelter, ad ammissione dello stesso regista e sceneggiatore, è il matrimonio ed in particolare su come due persone riescano a rimanere unite nonostante le avversità. Curtis e Samantha sono una coppia perfetta e invidiata dal vicinato, ma è forse proprio la paura di perdere tutto che porta il protagonista in una discesa verso la follia (?). Si, perché la tempesta di Curtis è soprattutto una tempesta interiore che minaccia il suo futuro e quello della sua famiglia. Avendo vissuto l’esperienza dall’altra parte, sa quanto possa essere terribile per un bambino venire abbandonato dal proprio genitore e così Curtis decide di fare di tutto pur di non lasciare Samantha e Hanna.
La tempesta si scatena per davvero solo quando Curtis in un’unica intensa scena, grazie anche all’ottima interpretazione di Michael Shannon, lascia esplodere tutta la sua rabbia di fronte al vicinato chiedendo apertamente conferma della propria pazzia. Non è facile, dopo anni di apparente normalità, mostrare il lato più oscuro di noi stessi e poi tornare tra la comunità come se nulla fosse accaduto, Nichols mette in scena tale concetto attraverso l’immagine del bunker da cui Curtis non vuole uscire per il timore di scoprire ciò che lo aspetta una volta varcata la soglia.
Tutto nel film è chiaramente simbolico, e può acquisire varie interpretazioni. Per esempio, la tempesta nell’ultimo fotogramma del film è reale? I sogni di Curtis erano premonitori oppure erano i deliri di un pazzo che finiscono per travolgere anche chi lo circonda? Resta allo spettatore decidere se rimanere razionale o seguire Curtis nella sua delirante Odissea. Nel complesso Take Shelter risulta essere un film di facile visione, il regista usa pochi effetti speciali e preferisce non mescolare troppo le carte ma, anzi, rende ogni evento piuttosto lineare. Le scene non sono eccessivamente dilatate e questo aiuta a far scorrere più facilmente le quasi 2 ore di film.