SUBCONSCIOUS CRUELTY – Karim Hussain
Quattro segmenti formano un unicum che racchiude un nascita e morte, incluso il forte legame che unisce l’uomo alla Terra. In “Ovarian eyeball” viene messa in mostra la nascita, tema che prosegue con “Human larvae”, episodio che vira già verso la morte; in “Rebirth” viene sancito il naturale contatto tra l’essere umano e il pianeta che lo ospita e in “Right brain – Martyrdom” l’uomo rinasce in Cristo per divenire vittima della donna.
Esperimento cinematografico dove la metafora la fa da padrona, Subconscious cruelty diviene collezione di immagini volutamente shockanti che si muovono con una simbologia ben precisa, ma che mancano di mordente significativo. Lo spettatore percepisce le varie scene come ensamble di sesso estremo (o meno) e morte, non ne carpisce l’intento “escatologico”, relegando l’attenzione al pissing, agli atti cannibalici o alla masturbazione che trova sfogo sullo schermo di un televisore.
Karim Hussain sa come utilizzare la telecamera o come montare una sequenza, siamo lontani dalla semi-amatorialità di Guinea Pig o Violent shit, tuttavia puntando tutto sull’immagine perde l’intensità della visione via via che questa scivola via ma, probabilmente, era questa l’intenzione del regista, considerando un epilogo che vede Cristo sodomizzato senza pietà.
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