CATTIVE STORIE DI PROVINCIA – Stefano Simone
Sempre prolifico e metodico, Stefano Simone porta sullo schermo un altro lavoro. Ancora una volta, dietro il lavoro di Stefano, c’è Gordiano Lupi, fonte di ispirazione per il nostro regista con il suo libro omonimo. Il plot si srotola intorno ad una storia semplice: uno scrittore privo di qualsiasi slancio creativo, apatico e annoiato è costretto a portare a compimento un nuovo libro, prima di trovarsi senza più alcun contratto editoriale.
Su consiglio di un amico che assume un ruolo da infiammato e pomposo grillo parlante pugliese, lo scrittore comincia a guardarsi intorno, spiare i concittadini, pedinarli, ossessivamente cercarli. Un calderone di informazioni ed eventi che gli permettono finalmente di creare una storia, che prende vita giorno per giorno con vivacità e tormento. Durante questa frenesia, intorno a lui tutto scompare, tutto è giustificato, pur di seguire un flusso fecondo. Lo sguardo del protagonista che si snoda tra i suoi personaggi, inquadra dall’alto il proprio paese, di concentra sui piccoli dettagli di vita quotidiana. Ma mentre prosegue questa panoramica emozionale/visiva, comincia a farsi strada nella sua mente l’ idea che anche un uomo giusto possa sprofondare nella malvagità più triviale …
Sullo sfondo di quello che possiamo chiaramente definire come percorso di evoluzione del protagonista, compare una moglie insoddisfatta che lo umilia con quella verità petulante, irritante, che diviene molesta cantilena quotidiana, nenia esasperante che si infila nel cranio dello scrittore.
“Un film nato per gioco” dice Stefano Simone ma tramite cui, in realtà, è il regista a giocare con lo spettatore. I movimenti della telecamera, lo script, persino la fotografia; gli eventi sono rappresentati senza una vera e propria continuità spazio-temporale attraverso una serie di stacchi di inquadrature, come a voler sottolineare tutte le contrapposizioni presenti nel film. Il regista infatti ha scelto di alternare dialoghi vivaci a lunghi silenzi, colori intensi pieni di luce a momenti di ombra e bui, come a seguire la mente del protagonista, tra vertiginosa scrittura e silenziosa riflessione.
Il regista gioca anche con i dialoghi, in alcuni momenti volutamente affettati e leziosi, conditi da risate esagerate e parole prosaiche e ridondanti poco verosimili. Buona l’interpretazione degli attori, in particolare emerge Filippo Totaro. Cattive storie di provincia è un noir dai toni paradossali, a tratti comico, ma allo stesso tempo capace di mantenere alta la curiosità dello spettatore, nonostante una certa lentezza globale, fino all’exploit finale, liberatorio e atteso.
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