SONG & MOON – Wu Na
Xing vive in un piccolo villaggio rurale, lontano dalle grandi città e vicino alle meravigliose montagne e vallate della provincia di Guizhou, nel sud-ovest cinese. È una ragazza dolce, dedita alla famiglia e agli amici che lì sono rimasti, resistendo al richiamo della metropoli.
Xing è fresca di diploma e intenzionata a passare un’estate indimenticabile, soprattutto considerando l’intima e spensierata intesa che nasce tra lei ed il coetaneo Fei. Le logiche sociali della minoranza etnica Dong sono però complesse e rigorose, così i più cari amici di Xing abbandonano via via lei e il villaggio alla volta della grande città, in cerca di lavoro. La sua relazione con Fei, inoltre, viene compromessa dall’esplosione di un’insensata faida locale, frutto di speculazioni edilizie che funestano il villaggio.
La matura regia di Wu Na, classe 1987, illustra questi eventi e i relativi effetti sull’animo e la personalità in divenire della giovane Xing, ritratto composito di sensibilità e risolutezza. Quella della filmmaker cinese è una conduzione altrettanto risoluta, la mano è lineare ed essenziale, ma anche decisa e dimostra le idee chiare – a livello tecnico – dell’autrice. Il lato visivo è poderoso e raggiunge il suo apice nella raffigurazione della rigogliosa e fiabesca natura che fa da cornice alle vicende, ipnotica protagonista che addirittura a tratti rischia di soffocare un po’ il resto.
Già, il resto. Fatta eccezione per le meravigliose locations e lo sfaccettato e intrigante personaggio della tenace Xing cos’altro rimane nel piatto dei pro? La domanda trova una risposta antropologica più che artistica: Song And Moon fionda lo spettatore in una cultura rappresentata nei suoi lati tradizionali, rituali e superstiziosi, nelle pratiche quotidiane e nel modo di declinare affetti, rapporti e problemi. Ma anche nei suoi lati di apertura al “nuovo”, di evoluzione e di autorinnovamento. Il racconto ambisce a seguire la crescita di un’adolescente nella precarietà di un habitat dove all’ordine del giorno ci sono molti doveri e complicazioni, in un’età che è già complicata per antonomasia. In questo percorso il tocco della Na è discreto e veritiero e si focalizza efficacemente sui temi delineati.
La pellicola non risparmia tuttavia la sensazione di fare parte di un programma documentaristico condotto da Licia Colò, tanto è avara di una qualsivoglia intraprendenza narrativa: l’inerzia del film va così a discapito del lato puramente cinematografico, del ritmo che diventa arrancante (specie nella mezzora conclusiva) e di una staticità spaventosa; altra nota dolente sono gli evanescenti personaggi secondari, che rasentano il ruolo di suppellettile. Quella di Song And Moon è così una storia di sensazioni e non di fatti, di significati culturali e difficilmente universali; passi, ma solo perchè condotta con sapienza e delicatezza. Per chiudere, una domanda che è un po’ un appello speranzoso: sia benedetto il cinema di terre lontane che ci introduce alle culture locali, ma è troppo chiedere di farlo allegandoci un racconto accattivante?