SOLO GLI AMANTI SOPRAVVIVONO – Jim Jarmusch
Adam (Tom Hiddleston) è un musicista di successo in preda alla depressione. Nel buio della sua casa di Detroit, Adam compone brani, avventurandosi all’esterno solo quando cala il sole per ritirare buste di sangue al più vicino ospedale. Poi rientra, prima dell’alba.
Dall’altra parte del mondo, in Marocco, Eve (Tilda Swinton) riceve flaconi di sangue da un amico farmacista. Poi videochiama Adam. Si rende conto che il suo stato depressivo sta peggiorando, prende il primo volo per gli Stati Uniti e torna da lui. Adam ed Eve sono due vampiri secolari, e si amano. Il ritorno della donna sembra ritemprare Adam, ma trovare sangue umano è sempre più difficile e quando Ava (Mia Wasikowska), imprevedibile ed inaffidabile sorellina di Eve, chiede ospitalità alla coppia, la tensione e l’insofferenza di Adam diventano insostenibili: serve un viaggio, una fuga, un nuovo ciclo di sopravvivenza.
Tra la cupa Detroit e la stellata Tangeri, con occhiali scuri ed occhi stanchi, ecco i vampiri secondo Jim Jarmusch. L’anno scorso il Festival di Cannes venne fulminato da Only Lovers Left Alive, film sull’argomento più mainstream (dopo l’era Twilight) scritto e diretto dal regista meno mainstream (di Jarmusch sono obbligatorie le visioni del minimalista Down By Law e del più maturo Dead Man). Ora, c’era da aspettarsi una visione insolita del vampirismo dal caro Jim, ma il risultato è ancor più spiazzante ed originale del previsto: il film non ha nulla di horror, né viene fagocitato dalle dinamiche della love story. Potrebbe essere dramma post-moderno in cui qualcuno ci ha sciolto un acido di nascosto. Qualcosa di tipicamente Jarmusch, insomma.
“Loki” Hiddleston si impegna, ma sembra Jared Leto strafatto dopo un concerto. Il jackpot giunge dall’esangue Swinton, che diventa una delle figure vampiresche più affascinanti ed armoniose degli ultimi tempi, figura dolceamara in perfetta sintonia con i toni del film. Sempre impregnato di oscura poesia, Solo gli amanti sopravvivono regala anche ironia e qualche scanzonata divagazione: per esempio, Adam ed Eve parlano a fil di gossip di tutti i celebri personaggi della letteratura e dell’arte conosciuti attraverso la loro ultracentenaria esistenza, giudicandoli aspramente come due persone normali farebbero nei confronti di amici e conoscenti.
Poi, fuggono nel buio delle strade di Detroit, per solitari viaggi notturni: del resto sono consapevoli di quanto spregevoli e carichi d’odio siano gli “zombie”, termine con cui Adam etichetta gli esseri umani, e di quanto sia saggio starne alla larga. Che Jarmusch potesse ormai gestire e modellare ogni genere di racconto secondo il suo stile lo sapevamo, ma è comunque mirabile il modo in cui il regista reinventa e carica di significati un “semplice” spaccato di una coppia di vampiri.
Il ritorno verso Tangeri è la strada verso un disperato finale, sottolineato dalle ossessionanti musiche di Carter Logan (già collaboratore di Jarmusch per Broken Flowers). Per trovare qualche falla, dovremmo puntare tutto sull’insopportabile blitz della Wasikowska e sul look fastidiosamente emo-dark, figo a tutti i costi, dei vampiri. Che, anche senza pose da hipster e ciuffi perfetti, avrebbero ugualmente bucato lo schermo.