SINISTER – Scott Derrickson
Una famiglia quasi al completo viene impiccata ad un albero nel giardino di casa, solo uno dei figli risulta scomparso. Ellison Oswalt, scrittore che ha vissuto per dieci anni sull’onda del successo di un best-seller, si trasferisce con la propria famiglia proprio nella casa dove è avvenuto l’omicidio per affondare se stesso nel mood adatto per scrivere nuovamente. Ma presto scopre una scatola, che qualcuno ha volontariamente lasciato per lui, contenente pellicole in super8 con riprese di omicidi analoghi.
Sinister è quel film che non ti aspettì, sin dal trailer ha un sapore di straight-to-video che il cervello associa automaticamente a lavori mediocri come Boogeyman, P2 livello del terrore o Pulse 3 … sbagliando. Sebbene non distante da questa apologetica, Sinister raccoglie un olezzo di stampo horror ottantiano, immerge la maggior parte del minutaggio nel buio della notte e instilla un livello di tensione elevato giocando con pochi elementi.
Scott Derrickson riesce a sminuzzare il plot risicato nel pathos dell’incedere della notte, schioccando frecce di paura non solo con i soliti rumori improvvisi ma anche con giochi di ombre, sussurri e un continuo e angoscioso ritrovarsi in una (maledetta) notte senza fine. Non dimentichiamo anche i filmini d’effetto degli omicidi in super8, dispersi nelle faglie del tempo, e quindi difficilmente riconducibili ad un solo assassino, nel seguente ordine cronologico: famiglia affogata dentro la piscina (Pool Party ’66) , bruciata dentro un’auto (BBQ ’79), falciata sul prato (Lawn Work ’86), sgozzata durante la notte (Sleepy Time ’98) e impiccata all’albero in giardino (Family Hanging Out ’11).
L’esperienza fatta con il buon Hellraiser V e con il sufficiente The Exorcism of Emily Rose non bastano a Derrickson per cumulare un soddisfacente bagaglio, tale da far funzionare ogni ingranaggio. Sinister, infatti, subisce scosse di assestamento notevoli a causa di alcuni (evidenti) buchi di sceneggiatura che alle volte tendono a dimenticare elementi che nel contesto possono pesare (tutto il rumore notturno fatto da Ellison pare non risvegliare mai nessuno, la debolezza investigativa cronica della polizia locale, … ), altre tralasciano aspetti che avrebbero necessitato approfondimenti (la malattia del figlio dello scrittore che inserita in questo modo sembra solo un modo per deviare l’attenzione e, specialmente, come si staglia nella storia l’entità malefica del Bughul, divoratore di bambini, qui presentato tramite un paio di immagini e basta) e che, infine, portano a prevedere il twist finale con largo anticipo.
Sinister, comunque, riesce a coinvolgere e spaventare, mostrando anche crudeltà (vedere il finale per credere) solitamente avulse a pellicole del genere, per cui merita decisamente una visione. Mezzo punto in più per la sorpresa.