SCARLATTI – Frank LaLoggia
Frankie Scarlatti, tornando a scuola per recuperare il berretto dimenticato, viene chiuso dentro da alcuni compagni. Costretto a restare nella scuola, in attesa che qualcuno lo trovi, si ritrova nel cuore della notte ad essere testimone di una scena terribile: una bambina, Melissa, comparsa dal nulla, viene aggredita davanti ai suoi occhi da qualcuno. E’ un sogno, forse, ma il bambino inizia a capire che ha involontariamente sollevato il coperchio di un vaso di Pandora …
Dimenticato a volte anche dai cineasti più appassionati, Lady in White è un film raffinato, dai contorni tanto sfumati da non permetterne una semplice collocazione tra i generi. Frank LaLoggia nel pieno degli anni ’80 costruisce una scenografia degli anni ‘60 curata fin nei minimi dettagli, compresa la musica (di cui è autore) e dirige con mano delicata una trama semplice ma ben dipanata. Frankie (Lukas Haas, già noto per Witness – Il Testimone), forse alter ego del regista, è orfano di madre ed è frequente bersaglio dei coetanei, ma i suoi problemi di bambino, quando diviene suo malgrado testimone di una inspiegabile storia di violenza, si annullano proiettando la sua vita inesorabilmente in quella della piccola Melissa (Joelle Jacobi).
Ed è proprio lo sguardo filtrante di un bambino a permettere alla storia di barcamenarsi tra vicende di razzismo e violenza sui minori senza mai scadere nel morboso squallore; il risultato è una fiaba che difficilmente passa inosservata, che lascia una sensazione gradevole di magia anche negli adulti, proprio grazie all’originalità della narrazione, soffiando via la polvere dalla superficie di certe emozioni andate perdute. L’intero film brilla di originalità, pensiamo che la prima visione di Frankie avviene durante la notte di Halloween, eppure questo dettaglio non evoca tutta l’iconografia classica americana, ma vira in una direzione del tutto inaspettata. Qui non troviamo il fanta-horror dell’immaginario di Ray Bradbury, né lo splatter di John Carpenter, ma il tutto ha un sapore nuovo.
I pochi effetti speciali, un po’ retrò, non alterano il gioco di colori che continuano ad ammiccare per tutta la pellicola, come un incredibile concerto di luci di candele di una delle più belle e spettrali scene del film: non a caso il direttore della fotografia è quel Russel Carpenter (Cimitero Vivente 2, Il tagliaerbe) che quasi dieci anni più tardi verrà premiato con l’Oscar per Titanic. Il resto del cast, al contrario, non godrà mai di grande fortuna, come lo stesso regista, forse troppo anticonformista per piacere ad Hollywood. Scarlatti resta un film strano, magico come non se ne fanno più e, forse, come non se ne facevano neanche prima: un piccolo gioiello di originalità che profuma della magia dell’infanzia e ha il sapore del ricordo di una fiaba perduta.