SAMAEL – “Solar soul”
Proseguendo l’evoluzione che li ha trascinati dal dark-black degli esordi all’attuale miscuglio di industrial-elettronica e heavy metal i Samael espletano pienamente il significato della parola evoluzione. Sono stati capaci di cambiare, mettersi in gioco alle volte intuendo in tempo il trend che avrebbe imboccato il mercato, altre volte compiendo scelte che avrebbero potuto siglare il loro suicidio. Tuttavia il fatto che a distanza di 16 anni da Worship Ritual si continui a parlare di loro, palesa la bontà della proposta che tutt’oggi gli svizzeri riescono a lanciare in pasto ai fan.
Dopo tre anni da Reign of Light le atmosfere spaziali, apocalittiche e malinconiche continuano ad essere il fulcro delle composizioni. In aggiunta a questi caratteri che ormai possiamo identificare come trademark (quant’è raro associare questo termine ad una band al giorno d’oggi) i Samael sono stati in grado di mettere in evidenza in alcuni frangenti il guitar riffing (“Solar Soul”, “Promised Land”, “Valkyries’ New Ride”) e gli intarsi di tastiera (“Slavocracy”, “Ave!”) mentre in altri le ritmiche (“On the Rise”, “Suspended Time”). Attenzione però che non si tratta di una vera e propria ulteriore evoluzione perchè questi aspetti sono stati ripescarti a piene mani dai precedenti Passage (in gran parte) ed Eternal. Sebbene questa scelta può essere criticabile nulla si può dire sul risultato finale, realmente degno di nota e pregno di momenti più che interessanti.
Solar Soul è un disco piacevole dall’inizio alla fine ben coadiuvato dal lavoro dei membri della band, dal growl di Vorph ai riff di Makro, ma decisamente caratterizzato dal lavoro di Xy coi sintetizzatori, la tastiera ed i samples. Nonostante la valvola di sfogo uscita l’anno scorso (Era One) l’opera di rifinitura di Xy si affaccia sempre prepotentemente nelle tracce essendo anche capace di inventare nuove soluzioni (“Quasar Waves”) usando suoni atipici per la band ma non per questo forzati. La produzione è pressoché perfetta, curata da Waldemar Sorychta nei suoi Woodhouse Studios, competentemente studiata per rendere chiaramente udibili tutti gli arrangiamenti nell’insieme ritmico rendendo anche apprezzabile la batteria elettronica sempre curata da Xy.
Sicuramente i Samael hanno attuato una progressione furba, senza allontanarsi eccessivamente dalla strada tracciata da Reign of Light, anzi compiendo un salto all’indietro, ma facendolo con cognizione di causa, intelligentemente. Certo è inutile dire che dal prossimo disco ci si aspetta molto di più, e le pretese sono legittime per una band di tale caratura.