RITI, MAGIE NERE E SEGRETE ORGE NEL TRECENTO – Renato Polselli
Parlare male del cinema di Renato Polselli è un po’ come sparare sulla croce rossa, in realtà quando si raggiungono certi livelli dove la bruttezza rasenta il sublime, ecco che certe opere rimangono impresse nella storia e diventano argomento di disquisizione per le successive generazioni.
È questo il caso di RITI, MAGIE NERE E SEGRETE ORGE NEL TRECENTO, un film che è praticamente un taglia e cuci di sequenze scombinate fra loro, dove la coerenza narrativa è decisamente annichilita a fronte di un guazzabuglio in cui il soggetto vero e proprio risulterebbe incomprensibile se qualche magnanimo attore non lo spiegasse verso la fine dello spettacolo. Non tutto il male viene per nuocere perché poi, alla fine, questo film potrebbe risultare anche una sorta di interessante esperimento metacinematografico … se non conoscessi le reali intenzioni dell’autore, ovvero realizzare un pretesto scenico per giustificare le copiose scene di nudo.
Perciò poco male se Rita Calderoni mantiene inalterata la sua unica espressione recitativa per tutta la durata del film, dato che l’occhio dello spettatore è distratto dalle sue enormi e prosperose tettone. Inoltre il film risulta pregno di sequenze psichedeliche anche perché girato in piena epoca beat, come non citare l’acidissima messa satanica con gli officianti in tutina aderente rossa che strappano il cuore alla vittima di turno e lo fanno bere al cadavere di Isabel (strega bruciata secoli prima quivi rappresentata dalla stessa Calderoni truccata da zombi)?
Alcuni frammenti panoramici appaiono e scompaiono in modo ossessivo e ripetitivo; espressività artistica? No, solo necessità di arrivare a un’ora e trenta. Proprio per raggiungere questo obiettivo Polselli non ci risparmia nulla, a cominciare dalle riprese dei paesani, un gruppo di vecchietti assoldati nelle campagne che continuano ad incitare al rogo con le loro splendide bocche sdentate. Nel minestrone c’è anche spazio per il vampirismo (peccato che i vampiri succhino il collo senza morderlo e soprattutto senza far sgorgare sangue), urla e strilli iper reverberati, un po’ di lesbo, qualche sequenza di tortura per giustificare il titolo ed ecco qua un cult assoluto oggi improponibile ma proprio per questo ancora più prezioso come testimonianza di una libertà stilistica di una generazione di cineasti pronti a tutto pur di sfornare prodotti popolari, vera e propria merce di richiamo per un pubblico affamato di nudità gratuite e sangue a profusione.
Ogni tanto si può scorgere una sorta di richiamo gotico al cinema di Corman, con attori baffuti che parlano davanti a una lampada psichedelica di colori diversi, ma è solo un lampo momentaneo, subito dopo spunta fuori una tettona urlante e, tra uno sbadiglio e l’altro, il pubblico può ancora godere.
VOTO: 4,5/10
Regia: Renato Polselli
Cast: Mickey Hargitay, Rita Calderoni, Consolata Moschera, Stefano Oppedisano
Italia, 1973