REVENGE: A LOVE STORY – Wong Ching-po
Una donna a cui viene strappata la vita che porta in grembo, un poliziotto ucciso, un killer dal volto impassibile che trascina dentro un dolore lancinante, uno strappo nella propria vita talmente forte da averne destituito le fondamenta.
Silenzio. Le parole mai pronunciate ma urlate da Kit mentre assale un uomo, immobile di fronte allo spettacolo estremo della morte della donna che ama, lacerata per strapparle via la vita che porta in grembo. Una vendetta terribile, portata avanti senza metodo ma sospinti dal solo odio cieco, vittima di un furore capace di rendere il corpo (quasi) immortale e sicuramente immorale.
Revenge: a love story rappresenta un nuovo capitolo sulla vendetta, stavolta proveniente da Hong Kong, che, come si evince dal titolo stesso, racconta una storia d’amore, quella tra Kit e Wing, due giovani semplici e limitati, capaci di illuminare la loro vita con semplici gesti, trascinandosi in un anfratto d’amore dove solo loro possono rinchiudersi e godersi il proprio angolo di felicità. Questo almeno sinché Wing non viene brutalmente violata …
Wong Ching-po analizza la società tramite la decostituzione dell’amore, racconta timori, sotterfugi, omertà, (ir)religiosità, urlando quanto tutto ciò sia devastante per l’uomo, attraverso la bocca insanguinata di Kit. Si ha difficoltà a patteggiare per l’una o l’altra parte, specialmente quando la vendetta brucia via i peccati creandone altri, rispondendo alla violenza con la brutalità, e abbassando il sipario su un’accecante luce bianca che illumina un senso di marcio raccolto tra spazi angusti, prigioni e chiese.
Revenge è un film a tratti ironicamente grottesco, saturo di sentimenti negativi che non circolano lentamente per poi esplodere ma che, pressati all’interno di un piccolo anfratto (quello costruito da Kit e Wing), detona come un fiume in piena senza lasciare pietà alcuna e spegnendo quelle flebili speranze di umanità a cui ancora ci si ostina ad aggrappare.