RED STATE – Kevin Smith
In un paesino americano tre giovani cercano del sesso clandestino con una milf. Trevis, Jarod e Billy-Ray si lanciano nell’avventura con quel sapore in bocca di eccitazione mescolato a paura, arrivano nella roulotte della donna e iniziano l’imbarazzante fase pre-amplesso. Il loro tremore si trasforma in senso di frastornamento per virare in vero e proprio svenimento … la donna li ha drogati per darli in “sacrificio” al pastore Cooper, un invasato dalle idee ben radicate, desideroso di lavare nel sangue i peccatori che errano (e sono tanti) sulla terra.
Il becero uso e sfruttamento della carne guidati dai più bassi istinti, l’omosessualità vissuta come una pestilenza e la mancata adorazione del Signore come peccati quotidiani in cui l’uomo cade volontariamente. Citazioni bibliche che diventano monito e requiem per chi cade tra le grinfia di Cooper e della sua famiglia allargata. Una comunità che non disdegna, però, un armamentario da far invidia ad un esercito, ed è proprio su quest’ultimo aspetto che si stanno concentrando le indagini dell’agente speciale Keenan, pronto a far sue le direttive dei suoi (strampalati) diretti superiori ed assaltare la chiesa dove dimorano i seguaci di Cooper … con i tre ragazzi imprigionati.
Salto di genere per il sempreverde Kevin Smith che, più che cambio vero e proprio, può contare su un allargamento del bacino del grottesco ai territori thriller/noir. La follia nelle commedie diventa commedia folle nel thriller, così i dialoghi che tanto fanno amare Clerks cambiano pelle per rivestirne una più consona (il monologo del pastore Cooper, in questo senso, diventa vero e proprio trademark di Smith), condita da scene action mai rappresentate prima d’adesso.
Red State, in realtà, non abbraccia una trama chissà quanto originale ma scivola via come un turbine nella sua ora e mezza di durata, nonostante non sia un assalto action ma, anzi, raccolga momenti dialogati lunghi ma talmente ritmati (nei versi) da apparire “frenetici”. All’insegna del politically uncorrect rappresenta due tipi di fondamentalismo (uno portato avanti dalla religione e l’altro dalle forze dell’ordine) che sembrano evocare un’ecatombe dai toni dell’apocalisse, quando trombe di morte (almeno così sembrano sul momento) iniziano a risuonare lungo la vallata che diventa sinodo di “red” & “blue states” (stati repubblicani e stati democratici).
Red State risulta originale pur non essendolo, una materia plasmata ad arte dall’istrione Kevin Smith che, con questo film, sembra voler dare un assaggio di una rappresentazione ancora più ampia.