RED KROKODIL – Domiziano Cristopharo
Un uomo solo. Un uomo pieno di segni sulla pelle, testimonianze di un male che lo sta divorando. Un uomo e la sua dose di Krokodil, letale droga i cui effetti si manifestano in maniera devastante sul corpo e sulla psiche dello stesso. Un uomo e i suoi incubi. Un uomo … la sua vita e la sua morte.
Red Krokodil rappresenta un manifesto dove è innegabile leggere due tipologie di messaggi: da un lato un elogio alla sofferenza umana, descritto tramite un processo catartico di auto-distruzione che cannibalizza il corpo (e la mente) umano, dall’altro un riecheggiante bisbiglio di menefreghismo (volontario) del regista verso ciò che è mainstream, nell’ottica di creazione di una materia del tutto personale, senza sguardo alcuno rivolto verso lo spettatore. Red Krokodil o riesce ad immergervi nelle sue atmosfere malsane e decadenti o vi spinge ad abbassare il sipario prima della fine, funestati dalla lenta discesa nelle tenebre del protagonista. Dal voto espresso si capisce le sensazioni percepite da parte di chi scrive.
La mistura letale iniettata più e più volte nelle vene, diviene un sinottico quadro della miseria umana capace di annientare il protagonista (Brock Madson) nel corpo così come nella mente. Il primo si disgrega, squamandosi lentamente ma inesorabilmente, la seconda non può che lasciarsi avvolgere dalla disperazione e crollare sotto colpi auto-inflitti in un masochistico gioco che vede il silenzio come unica parola da lasciare in eredità al mondo, prima di sparire. Il regista, Domiziano Cristopharo, conscio di plasmare una materia scomoda e difficile da digerire, raccoglie la sua idea di cinema entro quattro mura, spogliandosi di velleità grottesche (The museum of wonder) o decadenti strutture che fagocitano l’essere umano (The House of flesh mannequins), affidandosi alla penna di Francesco Scardone e lasciando disgregare l’essere umano in un’idea di cinema che lo osserva e dipinge in modo asettico quanto brutale.