NELLA MIA MENTE – Michele Pastrello
Stretti in macchina sul ciglio della strada, Elena e Oscar amoreggiano osservati da una strana figura in impermeabile. La ragazza nota l’inquietante presenza e si spaventa, costringendo Oscar a riportarla a casa. Il silenzio innaturale che avvolge la dimora familiare insospettisce Elena che sale le scale andando alla ricerca della madre che non risponde ai suoi richiami. Nel mentre un televisore acceso illumina di un livido grigio il buio della casa.
Quando mi ritrovo tra le mani pellicole come questa inviatami da Michele Pastrello non riesco a trattenere un certo entusiasmo per una realtà italiana che pullula di talenti come, appunto, il regista veneto. Assimilato il fervore iniziale, mi fermo a riflettere su quante persone in Italia effettivamente vedranno Nella mia mente e quante, giusto per citare un titolo recente estrapolato dal mucchio, l’imbarazzante Chiamata senza risposta.
Fastidio, per non dire rabbia, è il risultato di un tale pensiero, specialmente sentendo la passione profusa da Pastrello riecheggiante nel suo cortometraggio. Nessuna ricerca esasperante a livello di trama, nessun roboante effetto speciale ma un genuino horror movie dove i meccanismi della suspense, l’angoscia sibillina ed il terrore allo stato puro sono gli ingredienti base per la riuscita del progetto.
Un cupo spaccato dove il punto di vista diventa fulcro della situazione dislocando lo spettatore su zattere immerse nell’oceano, alla deriva in un orizzonte troppo vasto (la mente) oltre il quale l’occhio umano non può scrutare (l’io) a causa del bagliore accecante del sole (il corpo). Lo spazio ed il tempo si ampliano su dimensioni inquietanti mentre Elena muove i suoi passi nell’oscurità della casa, entrando in contatto con oggetti a prima vista rinvenuti per caso ma che a posteriori si rivelano proprio come feticci di una mente che non vuole dimenticare. La televisione con il canale non in sintonia si rivela come vero e proprio emblema di un punto di vista ineluttabile, che prima o poi mostrerà quanto celato dietro i pixel che esplodono sullo schermo.
Pastrello analizza ogni singola ripresa meticolosamente per lasciar compenetrare il particolare nella scena, offrendo inusuali prospettive che contribuiscono attivamente a creare un senso di straniamento. La cinepresa ruota quasi interamente su Angela Picin che riesce a caratterizzare bene il suo personaggio: professionale nelle prime scene, sensazionale quando lascia intravedere il suo profilo deviato. Pochissime le cadute, riscontrabili in alcuni dialoghi più che altro. Intelligente anche l’utilizzo della colonna sonora, curata da Pekka Ketonen, che accompagna l’evolversi degli eventi senza mai invaderli.
Vincitore al Pesaro Horror Film Fest 2006 e partecipante al Puchon Sud coreano, un’opera da visionare assolutamente. Complimenti.