MUST LOVE DEATH – Andreas Schaap
In Must Love Death, presentato in concorso al Ravenna Nightmare Film Fest 2009, vediamo il povero Norman (classico nerd romanticone) perennemente deluso dall’amore che, dopo essere stato piantato per l’ennesima volta, viene investito da quella che diventerà l‘amore della sua vita. A insidiare la loro love story l’ex-ragazzo di lei, il classico attore belloccio di serie televisive di terz’ordine, che conquista le donne più con gli zeri del suo conto in banca e la notorietà che con il suo fascino.
Norman, dopo l’ennesima batosta amorosa, decide che è arrivato il momento di farla finita ma non trova il coraggio necessario per porre fine alla sua esistenza. Dopo svariati tentativi andati a vuoto, tenta il suicidio di gruppo insieme ad altri aspiranti suicidi, ma si scontra con una realtà ben diversa e a farne le spese sarà solo lui …
Trovare una collocazione di un prodotto nello sterminato panorama commerciale, sia esso cinematografico sia musicale, è molto difficile allo stato attuale. I generi si fondono e, troppo spesso, si confondono, perdono confini: si è costretti ad utilizzare elenchi infiniti di sostantivi per trovare un sotto-sotto-genere adatto a definire l’opera. Tanto varrebbe giudicarla, nel suo complesso, senza soffermarsi troppo sul genere di appartenenza. Nel caso di Must Love Death lo sforzo vale la pena, se non altro per capire dove sta andando il genere horror che, anche solo per rispetto alla sua anzianità, possiamo definire classico cinematografico.
La formazione di Andreas Schaap è marcatamente anni ’80, ne abbiamo la riprova nelle innumerevoli citazioni (incluse alcune che sicuramente non deluderanno i fan di Star Trek) di film e serie televisive dell’epoca, che abbelliscono questa pellicola di appena novanta minuti. Il regista si è reso conto che quei tempi, purtroppo o per fortuna, hanno avuto la loro gloria e ha preferito ironizzare su quel modo di fare cinema dandogli, a mio avviso, giusto lustro, piuttosto che compiangerlo. D’altronde riproporre oggigiorno plot di quegli anni senza inserire elementi di novità può risultare pesante e oltremodo patetico.
In ultima analisi si fa fatica (a livello di stilemi narrativi) a trovare soluzioni innovative per un genere riguardo al quale, è il caso di dirlo, è stato veramente detto tutto. Personalmente avrei gestito meglio l’alternarsi di siparietti demenziali a scene più drammatiche e avrei evitato di reiterare troppe volte determinate battute, vanificando l’effetto comico. In definitiva film promosso, ma non a pieni voti, che consiglio di vedere con gli amiconi dei “bei tempi che furono”.
VOTO: 7/10
Regia: Andreas Schaap
Cast: Sami Loris, Manon Kahle, Jeff Burrell