MELANCHOLIA – Lars von Trier
Una coppia di sposi, una limousine eccessivamente lunga per il tragitto da percorrere, una sorella (damigella d’onore) preoccupata, immancabili battutacce e liti familiari interrompono i festeggiamenti che vedono lei, la sposa, come unica protagonista.
Proprio la sposa, Justine, sorride al marito, alla sorella, agli amici, al suo capo, sta al gioco nel suo mare di tulle bianco. Ad un certo momento della serata, tuttavia, cede il passo alla tristezza, al profondo malessere … lasciandosi andare. Il matrimonio, il lavoro, i genitori sfuggono al suo controllo, si sente una pedina mentre il mondo distratto la scuote. Malinconia, quella di Justine, irreversibile tristezza per ogni giorno che passa come non vorrebbe, incapace di essere se stessa, consapevole di doversi mostrare felice, sorridente, accettare di essere ciò che gli altri le impongono di essere.
Fidanzata dolce, donna con una carriera di successo, zia “spacca acciaio”. Fino ad adesso. Proprio nel giorno notoriamente classificato come felice, Justine decide di togliere la maschera e lasciarsi trasportare dalla depressione, scivolandone tra le braccia. Abbandona la festa, cerca di recuperare se stessa, scappa su un cart, corre per i prati, tradisce il neo- marito, si lascia andare, si abbandona al male oscuro che piano piano se ne impossessa. Ma, ancora una volta, si mostra sorridente e felice nel suo abito da sposa. Justin come Ofelia, che si lasciò trascinar via dal flusso degli eventi impazzendo nella negazione da parte della vita di quanto anelato, Ofelia/Justin che si libera dallo stritolamento che prova al contatto con il genere umano e si dondola nell’oblio.
Nel frattempo il pianeta Melancholia si sta avvicinando alla terra che guarda designarsi un destino da subire impotentemente. Tutti hanno paura, nessuno vuole morire, tranne Justine, capace di accettare la fine del mondo con serenità, come evento necessario per porre fine alle sofferenze. Il mondo rappresenta male e tristezza e, mentre saltano gli schemi, riacquista pian piano un equilibrio, vedendo Melancholia come cura necessaria, innamorandosi del pianete spinta dalla depressione autodistruttiva. Di tutt’altro avviso, invece, la sorella Claire, abituata a controllare tutto, con un matrimonio felice alle spalle, un figlio, un posto ben definito nel mondo, che si prende cura della sorella e la sostiene … fino al momento in cui sarà lei a chiedere sostegno al mondo esterno.
Un film emozionante quello di Lars Von Trier, capace di riportare alla mente tutte le volte che abbiamo accontentato gli altri, quelle volte che ci siamo mossi nella giungla umana con un sorriso di circostanza mentre una parte di noi urlava o piangeva, la parte più vera, invisibile, che graffia l’anima e ci risucchia dentro un vortice di disperazione. Tendenzialmente lontano da queste tematiche Lars Von Trier riesce a stupire con Melancholia, sia perché trasforma una sua esperienza personale in un film, sia perché riesce a donare al lavoro un’intensa vena intimistica.
Da un lato due donne, due personalità diverse reagiscono in maniera diversa di fronte alla catastrofe: Claire pragmatica, attenta, vive serenamente in equilibrio con se stessa e la società, Justin apparentemente solare, è in realtà spenta, triste, rabbiosa e profondamente sola. Dall’altro Malincholia, il pianeta che mette sottosopra le due vite, che comporta due reazioni opposte: Justin si lascia sedurre, serenamente, Claire perde il controllo.
Un film narrativamente concluso in cui,a parte la bravura delle attrici protagoniste con una stupenda Kirsten Dunst e una pregevole Charlotte Gainsbourg, risaltano una bellissima fotografia e tante sfumature intense che ne completano il disegno catastrofista.