MAN OF TAI CHI – Keanu Reeves
Combattere per guadagnare. Una sorta di “way of life” apparentemente contro ogni principio delle arti marziali, specialmente quelle non sviluppate nei secoli per l’attacco, come il Tai Chi. Tiger Chen è un esponente di questa disciplina, apparentemente non del tutto avvezzo a certi principi e propenso ad ingaggiare una lotta dopo l’altra pur di cambiar vita.
Donaka Mark (Keenu Reeves) è un uomo d’affari e, come tale, interessato al profitto, fosse solo per spazzar via la noia. Tiger Chen diviene uno dei principali pupilli di Mark, lasciandosi ammaliare ben presto dall’estasi del combattimento.
Primo film dietro la macchina da presa per Keenu Reeves, qui anche attore, Man of Tai chi vuole esaltare l’amore dell’attore/regista per le arti marziali, scrivendo un plot che segue tutti i dettami del genere. Quello che accade, scena dopo scena, combattimento dopo combattimento, non lesina un pizzico di (facile) romanticismo, un velo di dramma familiare, tanto desiderio di rivalsa e una sequela di scontri. Questi ultimi, naturalmente, sono il cuore della pellicola e bisogna dire che si lasciano guardare con piacere.
Peccato che ciò che manca a Man of Tai chi è la (c)rudezza delle immagini e l’azione senza tregua (guardare in tal senso The raid, del quale è importato il protagonista Iko Uwais in una piccola parte), bivaccando dietro un crescendo scontato, elegante e senza particolari cadute di attenzione. I colpi sono sferrati secondo i dettami del Tai Chi, puliti e precisi, ma anche in tale raffinatezza i corpi si schiantano sul pavimento di un’asettica stanza o su un ring, mentre qui sembrano adagiarvisi. Non dimentichiamo che siamo anche ben distanti dalla poesia de La tigre e il dragone dove le arti marziali fungevano da accompagnamento ad una storia (che qui non c’è).
Le coreografie sono curate dall’arcinoto Yuen Woo Ping, mente dietro i combattimenti di Matrix come di classici Hong Kong movies come Drunken master o Snake in the eagle’s shadow. Nonostante un comparto tecnico di buon livello alle spalle, Man of Tai chi non riesce ad entusiasmare, anche per la mancanza di carisma del protagonista Tiger Hu Chen, distante da quello di attori del calibro di Tony Jaa o del Jet Li dei tempi che furono, per non parlare dell’assoluta bidimensionalità del cattivo di turno, impersonato da Reeves stesso. Un’occasione sprecata.