MALEFICENT – Robert Stromberg
C’era una volta in un regno tanto lontano una regina delle fate di nome Malefica (aka Maleficent), bellissima e selvaggia, perfetta fusione tra donna e natura, aveva un bel paio di corna e due magnifiche, gigantesche ali che le permettevano di solcare i cieli. A Malefica mancava solo una cosa: l’amore vero. Ma la scoperta di uno dei più basilari sentimenti che, insieme alla paura, ci classifica come esseri viventi, si rivela fonte di grande sofferenza.
L’incontro con il giovane Stefano (Sharlto Copley) le apre il cuore, come un semino che una volta penetrato dentro la terra cresce, espandendo le radici. Sensazioni capaci di farla vibrare di gioia si scontrano ben presto con una triste realtà: “Il vero amore non esiste!” Stefano si dimostra attaccato ai propri interessi materiali, alle proprie ambizioni, ad un percorso individuale che non lascia spazio ad altro. Egli è il figlio del Re che, in punto di morte, annuncia ai suoi figli e possibili eredi al trono che solo chi distruggerà la fata Malefica e piegherà ai propri voleri la natura incontrollabile della foresta fatata, avrà il diritto di indossare la regale corona.
Stefano, memore del legame passato con Malefica e del sentimento d’amore che ancora alberga in lei, ne approfitta per attirarla in trappola e una notte, mentre ella dorme, le taglia le ali e le porta dinanzi al padre morente che gli affida il destino dell’impero. Presto il nuovo Re-Stefano scopre il prezzo di quella agognata corona e ne comprende le implicazioni che gli si ritorceranno contro. Persa la capacità di volare, la Regina delle Fate diventa la strega cattiva che tutti noi conosciamo e si rinchiude in un regno fatto di cattiveria e odio verso il genere umano, erigendo una barriera di rovi tra la foresta e il resto del mondo. Nel frattempo Il Re si sposa e aspetta un bambino … quale occasione migliore per vendicarsi dei torti subiti? Il maleficio è presto compiuto: al sedicesimo anno d’età, l’erede al trono si pungerà con un arcolaio e cadrà in un sonno profondo molto simile alla morte che solo il “vero amore” potrà risvegliare.
Data la recente moda di rivisitare i grandi classici, i miti immortali bagaglio culturale dell’immaginario d’ognuno, facile preda di riadattamento è il disneyano La bella addormentata nel bosco, che segna l’esordio di Robert Stromberg alla regia. Il punto di vista analizzato dal regista è quello della strega Malefica (Angelina Jolie), sapientemente trasformata da un ottimo lavoro di make-up che ne ricalca i tratti dell’originale con furbizia. Peccato che la voglia di rendere, nuova, diversa, una storia che di per sé funziona già bene, è sempre un rischio, anche non immergendosi in discorsi da purista, quasi feticista, della fedeltà a tutti i costi verso il prototipo originale, né da cinico realista, ma da amante dei prodotti di puro intrattenimento.
In Maleficent si passa da una sequenza all’altra con leggerezza, forse eccessiva, senza divertirsi neanche troppo, a meno che non ci si accontenti di qualche sorriso o di un ravvivarsi dell’attenzione nei momenti durante i quali viene a galla la disillusione circa la vita e i sentimenti della strega. Interessante anche la simbologia adottata da Maleficent descritta dalla perdita della purezza di Malefica tramite il taglio delle ali, assimilabile alla perdita della verginità o all’infrangersi di ogni illusione di “vero amore” trasfigurata attraverso un bacio del risveglio che non seguirà (propriamente) il decorso “storico”, che vede un principe pronto a chinarsi sulla donzella dormiente. Disilluso ma troppo legato a stilemi disneyani.