MAD MAX: FURY ROAD – George Miller
Il Mad Max di George Miller è stato un punto di riferimento per molti adolescenti, ormai più che trentenni, non fosse altro perché l’idea di un futuro distopico governato da violenza, inquinamento e tanta desolazione, ha fatto proselitismo, annoverando tra i custodi del suo pensiero l’altrettanto prolifico Tetsuo Hara, padre del fumetto e serie televisiva di grandissimo successo da noi conosciuta come Ken il guerriero.
A più di trent’anni dal primo episodio (Interceptor è datato 1979) e a diversi dalla prima trilogia, Miller vuole dare una rilettura di quell’universo e dei personaggi che lo hanno popolato. Un essere umano, quello raccontato da Miller, alla deriva, probabilmente figlio di qualche guerra atomica che in un soffio si è resa responsabile della desertificazione di tutto quello che un tempo era rigogliosa vegetazione. Un uomo alla continua ricerca di se stesso e della propria umanità, che ha l’impressione di navigare a vista percorrendo a piedi un mare di deserto senza avere più la speranza di trovare un’oasi di terra incontaminata. Un uomo incapace di distinguere il bello dal brutto, il male dal bene.
Mad Max: fury road altro non è che una lunga cavalcata in due tempi: andata e ritorno da un destino al quale non si può sfuggire. Si ha l’impressione che non vi siano più terre promesse da trovare, se non per qualche anfratto disseminato chissà in quale angolo del pianeta. L’invito del regista invece è proprio quello a tenersi stretto quel poco di umanità che alberga in noi, riconoscerne i doni, non anelando un quid superiore che forse non esiste più ma facendosi in quattro per difendere ciò che ha faticosamente conquistato.
Il film di Miller vede in primo piano un sempre eccezionale Tom Hardy che delinea un Max quasi privo di parola, ma che trasuda un messaggio di dolore e disillusione semplicemente accennando uno sguardo stanco. Il resto del cast non è da meno, un plauso va fatto al Nux interpretato da Nicholas Hoult che qui incarna benissimo la mente malata, il neurone impazzito di chi ormai non ha più nulla da perdere e cerca solo adrenalina e gloria in battaglia, magari attraverso la morte più violenta possibile.
Ultima ma non per questo meno importante è Furiosa (Charlize Theron) che incarna l’ultima salvezza del mondo, vale a dire la donna in senso lato, colei che può in qualche modo portare avanti la razza umana altrimenti destinata all’estinzione. E’ lei in qualche modo il fulcro di tutto, l’unica che riesce ad accendere un barlume di speranza negli occhi di Max e Nux, colei che vuole salvare altre donne che con lei condividono la schiavitù da parte di Immortan Joe che le utilizza come vacche da riproduzione.
Miller ha dichiarato di aver sempre voluto fare un film che raccontasse un lungo viaggio adrenalinico, con una sola presa di fiato prima di partire in una corsa disperata, una sorta di lungo piano sequenza dove la parola azione domina in maniera incontrastata. Questa scelta del regista delinea la traccia dell’intero film, che cavalca l’estremo e l’azione tout court senza altri dogmi, divenendo al contempo forza e debolezza di Mad Max: fury road. Questo perché se da un lato lo splendore del grottesco, della decadenza e la pomposità delle immagini portate all’estremo (consigliata la visione in 3D) lasciano lo spettatore a bocca aperta, dall’altro si sente la mancanza di una trama vera e propria, capace di inquadrare la crescita dei personaggi lungo la narrazione. E le immagini pirotecniche prima o poi stancano anche se il segno indelebile di un film che ha fatto storia resta.
Tag:Charlize Theron, fury road, George Miller, mad max, mad max recensione, Nicholas Hoult, postapocalittico, Rosie Huntington-Whiteley, Tom Hardy, Zoë Kravitz