THE LORDS OF SALEM – Rob Zombie
Heidi, deejay di una piccola radio locale di Salem, meglio conosciuta come la città delle streghe, riceve misteriosamente una scatola di legno contenente un curioso vinile, “un regalo dalle streghe”. Credendo in una trovata originale di un nuovo gruppo in cerca di fama, la ragazza ascolta i suoni che provengono dal disco firmato Lord e ne viene incredibilmente condizionata, perdendo progressivamente il senno e il contatto con la realtà. Heidi sta davvero diventando pazza o qualcosa di terribile sta realmente accadendo?
L’eclettico artista Rob Zombie firma con The Lords of Salem la sua sesta regia cinematografica, a distanza di dieci anni dal suo fortunato debutto (La casa dei mille corpi).
Dopo l’action/pulp The devil’s rejects, due reboot del classico Halloween e un curioso film d’animazione inedito in Italia intitolato The haunted world of el superbeasto, Zombie ha finalmente limato la sua poetica cinematografica, rendendola estremamente personale e riconoscibile. Forte di questo traguardo decide di realizzare, con un milione e mezzo di budget, quello che potremmo chiamare il film della maturità artistica, l’unico sul quale non sono stati fissati paletti e su cui ha avuto la massima libertà dalla produzione (firmata tra gli altri da Oren Peli, mente di Paranormal Activity).
Legato fortemente ad un’estetica dark che tanto deve al suo immaginario musicale, Zombie decide che per raggiungere lo scopo che si è prefissato deve in qualche modo sacrificare qualcosa, ed elimina coraggiosamente ciò che era più forte nel suo cinema: i personaggi bizzarri. Se film come La casa del mille corpi e La casa del diavolo puntavano tutto sulle folli e marcate caratterizzazioni dei protagonisti, The Lords of Salem affronta con estremo rigore un ragionamento molto diverso. Tutto diventa in funzione dell’atmosfera e dell’estetica.
I personaggi, tolta la bella protagonista (come da tradizione interpretata dalla moglie Sheri Moon), hanno davvero poco spazio, sono semplici pedine utili più alla costruzione graduale di uno stato d’animo che allo svolgimento effettivo del racconto, in realtà neanche eccessivamente forte e volto solamente a portare lo spettatore in un alienante stato di trance. Ciò non toglie che alcuni dei personaggi di Salem rimangano senza dubbio impressi nella mente, ma non per gli stessi motivi per cui ci si affezionava (in qualche modo) ai reietti del diavolo.
Ulteriore plauso va senza dubbio agli effetti speciali, deliziosamente retrò ed esclusivamente artigianali, con un invisibile utilizzo di post-produzione video, se non in fase di color correction.
The Lords of Salem ha essenzialmente un problema: chi per un qualunque motivo non riuscirà fin dal primo fotogramma a farsi catturare dalle luci e dai suoni di Salem, non avrà molto altro a cui aggrapparsi. Lo script di The Lords of Salem, infatti, non solo è piuttosto banale nell’incipit (che pur affascinando per tematiche non ha la forza di un grande racconto), ma soffre di uno svolgimento che rischia fino alla fine di non arrivare da nessuna parte, con situazioni in cui si è spesso portati a chiedersi cosa stia effettivamente accadendo. È ovvio che Zombie abbia voluto giocare proprio con quest’effetto, portando lo spettatore a straniarsi dal mondo come la protagonista del film, rischiando di non colpire al medesimo modo chiunque osservi e non funzionando probabilmente in contesti extra-sala.
Anche il ritmo, volto quasi esclusivamente a far entrare piano piano lo spettatore in un determinato mood, rischia di annoiare chi ha semplicemente voglia di un racconto horror classico.
Resta il fatto che The Lords of Salem è un’opera coraggiosa, con alcune sequenze oniriche di straordinaria potenza visiva, coadiuvate da un comparto tecnico eccellente. Rimane un minimo di delusione per uno script troppo sbrigativo, che avrebbe giovato senza dubbio di un approfondimento maggiore di situazioni e personaggi (diversi minuti sono stati tagliati dal cut finale eliminando addirittura alcuni attori, dunque non è facile capire quanto girato utile ci sia stato negato). Tuttavia, arrivati all’allucinante sequenza finale, almeno chi è riuscito a farsi rapire dall’affascinante atmosfera del film, riuscirà anche a perdonare Rob Zombie di non essere stato troppo incisivo nella scelta dello script, e prenderà senza risentimento il film per quello che è: un’affascinante horror sperimentale che ha nelle sole immagini tutta la poetica cinematografica del suo autore.