L’INVASIONE DEGLI ULTRACORPI – Don Siegel
Un uomo, apparentemente folle, racconta una storia di invasione subita dalla sua tranquilla cittadina degli Stati Uniti, Santa Mira. Secondo il racconto dell’uomo strani baccelli di origine aliena sono in grado di riprodurre esattamente gli esseri umani, svuotandoli di emozioni e amore, per renderli tutti uguali e, di conseguenza, placidi.
L’uomo, il dottor Miles Bennel, rivive il sopraggiungere del sospetto e la fuga disperata, appeso ad una forte speranza di contenimento, che può diventare realtà solo se lo psichiatra che ascolta la sua storia sarà in grado di percepire la realtà oltre la razionalità.
Il film di Don Siegel è immerso in un continuo contrasto di bianco e nero che sembra voler illuminare da una parte la placida quotidiana vita di una cittadina, dall’altra inghiottirla in un nero pece fatto di paura, sospetto, morte, tonalità ingrigite da una pallidissima luce che rappresenta la speranza. Quella di un uomo, Miles Bennel, in grado di resistere, in grado di non essere sostituito (plagiato) e costretto a muoversi lungo linee predefinite da qualcun altro (comandato).
Come quasi tutti i film di fantascienza degli anni ’50, L’invasione degli Ultracorpi, tratto dall’omonimo romanzo di fantascienza di Jack Finney, parla della cortina di ferro, o meglio della paura dell’invasione comunista letta in chiave antimaccartista, nonostante il diniego da parte di Siegel di questa chiave di lettura. Il terrore palpitante dell’invasione (Russa?) viene sospinto costantemente, insinuato sottopelle, sussurrato all’orecchio, in un clima teso e ben orchestrato dal regista. Ma L’invasione degli Ultracorpi non è solo fanta-politica, è anche fantascienza pura, incontaminata, di quella caratura capace di affascinare ed anche ragionare sulla possibilità sia quasi malinconica dell’esistenza di mondi ed esseri lontani, sia abominevole che gli stessi possano schiacciarci.
Diretto con perizia, contornato da una moltitudine di particolari scenici che ne arricchiscono il contesto, L’invasione degli Ultracorpi è un film amaro, specialmente se letto secondo le reali intenzioni del regista, che non avrebbe voluto prologo ed epilogo “ottimisti”, suggellando così un requiem per l’umanità che può essere intonato dalla paura del comunismo così come dal terrore dell’invasione extraterrestre. Cult.