L’INVASIONE DEGLI ASTRONAZI – Alberto Genovese
Il cervello di Hitler, prelevato da alieni del pianeta Albedaran poco prima della sua morte, viene rigenerato e inserito in un computer per comandare un nuovo attacco alla Terra con una schiera di svastiche spaziali volanti. Mentre le astronazi calano sulla Terra, due balordi progettano di recuperare i soldi della loro rapina attraverso un bancomat universale ma Satana, proprietario di parte dei soldi derubati manda sulle loro tracce il terribile seguace Mordecai, dotato di diabolici poteri.
Ritrovando tra le mani un lavoro di Alberto Genovese mi risulta naturale sorridere perchè, avendo recensito molti dei cortometraggi del regista milanese, ho già cognizione di quello che mi attende. Nonostante questo , il regista riesce sempre a stupirmi.
Gli elementi chiave rimangono bene o male quelli e si stagliano nella filmografia del regista così come l’icona “Emilio il meglio”, il robottino giocattolo, si presenta puntuale nei suoi lavori: atmosfere surreali e grottesche, humor nero, catastrofismo, gusto retrò, dialoghi inverosimili, weird, vagonate di trash, follia. Ma anche spregiudicatezza. Il pout-porri preparato da Genovese si basa su una miscela di situazioni irrazionali che ben si incastrano tra di loro, nel senso trashy del termine (indi per cui centrando l’obiettivo). La lotta innescata tra il novello cyber-punk Hitler ed il demonio stesso, per uno stravagante accavallarsi di eventi, entusiasma e coinvolge. L’intreccio nell’amarcord, il gusto nel (e del) pecoreccio, il ritmo nella monoliticità pseudo-kolossal.
Ben realizzati gli effetti speciali, specialmente se teniamo in mente il fatto che si tratta di un no-budget movie, con astronavi dalla (per nulla velata) forma a svastica che annientano esseri umani con raggi laser, esplosioni, demolizioni e devastazioni di ogni tipo, sino al mostruoso pseudo cane-mostro che troneggia come novello Godzilla schiacciando palazzi, auto ed esseri umani. Il cast è professionale e, seppur con alcune sbavature, riesce ad immergersi nell’atmosfera e ad amalgamarsi al contesto, offrendo una buona prova. Fantastici gli intermezzi religiosi in cui Renato Taddei invita i fedeli a liberarsi dai beni materiali e donarli alla sua chiesa per purificarsi, ho atteso con voracità queste sequenze decisamente ironiche ma se contestualizzate agli attuali (e passati) eventi, amare e reali.
Chi ha sempre apprezzato Alberto Genovese può continuare a farlo, notando le sue doti per la prima volta espresse in un lungometraggio, chi lo ha odiato può continuare a tenersi dietro le file dei detrattori, forse con maggiore amarezza. D’altronde fa parte del gioco imbastito nel sottomondo dei weird/trash movies.