L’EVOCAZIONE – James Wan
Harrisville, 1971. La famiglia Perron, composta da Roger, Carolyn e le loro cinque figlie, trova lo spazio vitale necessario e la forza di cambiare con l’acquisto di una dimora immersa nella campagna di Rhode Island. Sin dal primo momento percepiscono che qualcosa non va: il cane abbaia ripetutamente preferendo restare fuori, uccelli cozzano contro la parete della casa spezzandosi il collo, strani lividi compaiono sul corpo di Carolyn …
La situazione presto degenera, Carolyn viene rinchiusa dentro una cantina buia e madida di segreti, le figlie vengono spaventate da esseri nascosti nell’ombra. La famiglia Perron decide di contattare Ed e Lorraine Warren, il primo demonologo la seconda chiaroveggente, per tentare di placare l’orrore che sta divorando le loro notti.
James Wan finalmente sembra aver trovato la sua dimensione cinematografica, dopo i tentativi non proprio eccelsi di Dead Silence e Death Sentence. Dopo l’esordio al fulmicotone con Saw, più vicino ad un horror post-moderno che ad un vintage, l’arrivo di Insidious (e il buon feedback ricevuto) l’hanno portato a tentare un bis, con un budget più alto (circa 13 milioni di dollari). L’evocazione è il film più riuscito del regista malese, una ghost story che si evolve in film di possessione demoniaca, senza alcuno stacco forzato ma, anzi, scivolando vorticosamente e inesorabilmente dall’uno all’altro.
Con un pathos sempre alto, rifiutando il vero e proprio crescendo del terrore tipico di moltissimi film (Nero veneziano, Poltergeist), ma instillando la paura frame dopo frame come pochi altri erano riusciti a realizzare (L’esorcista, The others), L’evocazione non solo riesce a raccogliere diversi topoi dei generi, ma lascia immergere lo spettatore in un’atmosfera settantiana carica di elettricità negativa. Una casa immersa nella campagna con una storia di morte alle spalle, fantasmi che balzano da armadi o si celano invisibili nell’oscurità, tonfi nella notte e note di pianoforte che riecheggiano nel silenzio.
James Wan azzecca (quasi) tutti i tempi della tensione, evitando il giochetto dell’esplosione del volume (tipico del teen horror) come unico mezzo per generare paura, si fregia di un cast decisamente nella parte, specialmente Patrick Wilson, Vera Farmiga e Lili Taylor, e riesce a superare il limite di altri titoli comunque d’effetto (Sinister) dove il terrore viene sussurrato solo nel nero della notte. Cult.