LEI – Spike Jonze
Theodore è un uomo che fatica a relazionarsi con il mondo esterno. E’ introverso, insicuro e fatica a prendere una reale posizione all’interno di un qualsiasi rapporto umano, finendo spesso col deteriorare le relazioni con le persone che lo circondano.
Un giorno, mentre si aggira in solitudine per le strade di una città futuristica (ma probabilmente più vicina a noi di quanto potremmo pensare) viene a conoscenza di un nuovo sistema operativo, OS1, un’intelligenza artificiale capace di simulare verosimilmente un essere umano, che può imparare, decidere e persino amare. Theodore compra immediatamente il prodotto, lo installa ed inizia a conversarvi. Col passare del tempo il rapporto si fa sempre più intimo, fino ad arrivare al momento in cui l’uno si innamora dell’altro.
Scritto e diretto dal talentuoso regista de Il ladro di orchidee e Nel paese delle creature selvagge, Spike Jonze, Lei Her, in lingua originale) è una storia d’amore atipica ma incredibilmente convincente ed attuale. Se da una parte abbiamo un inizio un po’ spiazzante, che catapulta lo spettatore in un universo forse troppo assurdo, dopo una manciata di minuti ci si inizia ad accorgere che in realtà la società “del futuro” immaginata da Jonze non è poi così distante dalla società moderna, nella quale ognuno di noi – chi più, chi meno – è alienato da uno dei tanti dispositivi elettronici, che da una parte ci collegano su larga scala l’uno con l’altro e dall’altra ci isolano sempre di più.
Tuttavia l’autore non è così scontato da fare il consueto discorso sociale sull’alienazione portata dalla tecnologia, che oramai non funziona più e tende a rendere il tutto, oltre che didascalico, incredibilmente sciocco ed irritante. L’uomo è ciò che sceglie di essere ed agisce seguendo la modalità che ritiene più giusta. Il discorso di Jonze è improntato sulle relazioni umane e sull’amore, discorso che aveva già trattato in modo commovente e soave nel mediometraggio I’m here, che oltretutto fino a quest’ultimo film era stata la sua unica prova di scrittura. E si dimostra un ottimo sceneggiare, poiché Lei è raccontato dannatamente bene: tra momenti bizzarri, sequenze delicate e attimi incredibilmente commoventi, il film riesce a catturare lo spettatore fino a farlo completamente immedesimare in quel Theodore Twombly, interpretato magnificamente dal monumentale Jaquin Phoenix. Amy Adams, Rooney Mara e gli altri comprimari completano un cast davvero eccellente.
A livello di messa in scena siamo al solito livello di Jonze, curata nel dettaglio al punto da rimaner catturati dalle immagini a scapito della storia, che appare subordinata alle stesse, lasciando spazio ad una manciata di immagini veloci e frammentarie (ricordi del protagonista) che ci aprono il cuore. A livello di ritmo tutto funziona come dovrebbe, ci sono inquadrature lunghe minuti sul primo piano di Phoenix che reggono incredibilmente bene e momenti più densi di immagini che svolgono perfettamente lo stesso lavoro. L’unica connotazione negativa che si può dare riguarda il primo atto, che forse avrebbe avuto bisogno di un piccolo sprint in più a livello di sceneggiatura. Ottima anche la colonna sonora degli Arcade Fire, qui più minimale del solito, sempre in grado di arricchire un momento con pochi ma azzeccati suoni e splendida la main theme di Karen O “The moon song”.
In definitiva una splendida storia d’amore, un film che dice tanto sui rapporti umani e sul rapporto che ognuno di noi ha con se stesso, capace di far sorridere e di emozionare lo spettatore con estrema facilità; complice un’ottima sceneggiatura (vincitrice dell’oscar), un protagonista perfetto ed una messa in scena invidiabile. Nota di demerito: il doppiaggio italiano rovina per metà il film, se riuscite cercate di recuperarlo in lingua originale.