LE FACCE DELLA MORTE – John Alan Schwartz
Lotte tra animali, inseguimenti (fatali) che vedono fronteggiarsi uomo e bestie, autopsie ed esecuzione di pene capitali, massacri e strani appetiti (come quello per il cervello di scimmia). Un insieme di atrocità raccontate da un bizzarro dottore, dopo aver terminato una delicata operazione a cuore aperto.
Curioso mondo movie diretto da John Alan Schwartz, erroneamente accreditato a Mario Morra nella versione italiana, comparso in un 1978 dove già Mondo Cane del trio Cavara, Jacopetti e Prosperi aveva furoreggiato. Quello che più stupisce è l’enorme numero di seguiti che Le facce della morte ha generato nonostante (o forse proprio per questo) il divieto di proiezione in quasi cinquanta paesi nel mondo. Questo fenomeno sembra far pensare ad un’amplificazione di un’eco, quello degli shockumentary, in fase di spegnimento.
Efferatezze costruite a tavolino, anche se ben curate in fase di effetti speciali, che scemano nel loro dipanarsi senza un vero e proprio filo conduttore, rimanendo collage di scene tagliuzzate amatorialmente e abbandonate senza alcuna velleità concettuale. Ovviamente più si è espliciti con la brutalità più si hanno probabilità di avere successo in Giappone, vera e propria patria (attiva/passiva e convulsiva) di lavori estremi come questo (basti pensare all’interminabile serie Guinea Pig). Interessante la scena dell’orgia di una setta che culmina al momento del sacrificio umano, spruzzi di sangue che si spargono di corpo in corpo mescolandosi a ben altri liquidi e afrori.
La chiusura con la romantica “Life” di Bruce Scott trascina Le facce della morte verso l’inesorabile dimenticatoio. Peccato che qualcuno l’abbia tanto apprezzato da ripescarlo dall’anfratto polveroso dove sarebbe dovuto restare. Non c’è limite alla morbosità.
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