LAST NIGHT – Massy Tadjedin
Il matrimonio di Michael e Joanna sembra muoversi lungo una linea ideale: casa a New York, affinità, affetto, lavori propositivi e giovinezza. Lei è una scrittrice provetta, lui si occupa di ristrutturare immobili. Durante una cena di lavoro di Michael, Laura (avvenente collega), sembra essere in particolare empatia con l’uomo, il tutto dietro lo sguardo attento di Joanna.
Il timore di un tradimento (avvenuto? che avverrà?) si insinua come un male che avvolge la coppia durante l’intera notte. Una notte per trovarsi vicini, una notte per distanziarsi di molti chilometri.
Il malinteso, o meglio, il sotteso diventa chiave di lettura di Last Night, un tremore che si insinua sotto la pelle e spinge verso quanto da evitare, instillando l’istinto come primaria fonte di azione e reazione. Ma è veramente così oppure il timore diventa banale (auto)scusante per (auto)giustificare un’azione veramente desiderata? A questo interrogativo Massy Tadjedin non da risposta, in quanto si rintana dentro l’interpretazione di ognuno di noi.
Last Night si presenta come un melodramma polpettone hollywoodiano ma si rivela come piccolo grande lavoro crepuscolare che verte interamente sui protagonisti, immersi nel buio della notte che rispecchia stati d’animo cangianti e delicatamente tratteggiati. Sentimenti inesplosi tra capricci del fato, dolce musica che si insinua nell’animo lasciando vivere notti colme di pensieri, di anime che si muovono lentamente lungo assi non definiti. Keira Knightley sembra fragile nel suo oscillare l’intero giorno intorno a parole che non trova (nemmeno con Michael), Sam Worthington un po’ più tirato viene sospinto dalla passione, Eva Mendes sembra una femme fatale ma si rivela come un’anima dal doloroso passato, Guillaume Canet osserva con sguardo stranito ancora scottato dal vecchio amore.
Un delicato affresco da vedere prima di dormire … per tener dentro un caloroso disagio lungo una intera notte.