LADY SNOWBLOOD – Fujita Toshiya
Giappone, 6° anno Meiji, il tradizionale isolazionismo del paese lascia spazio ad una (forzata) apertura verso le potenze occidentali. Il processo di modernizzazione viene accolto all’interno con turbolenza, in quanto visto dalla popolazione come snaturazione delle tradizioni nipponiche. In questo clima di lacerazione e disordini interni del paese si muove Yuki, bambina degli inferi, data alla luce per perseguire un obiettivo: la vendetta.
Vendetta diretta per la propria famiglia, sterminata con cruenza prima ancora della sua nascita, e indiretta per tutte le vittime di soprusi, violenze e frodi ad opera di 4 balordi. Yuki trascorre l’infanzia dedicandosi interamente a duri allenamenti finché, giunta ai 20 anni e terminata la preparazione, si mette in cerca dei quattro responsabili dello sterminio della sua famiglia.
Sangue a fiotti, katane e pugnali si susseguono lungo la strada della vendetta di Lady Snowblood, senza spreco di parole, ma con sola azione. Un’eroina che si muove solitaria, fredda, risoluta, altera, senza un attimo di debolezza e senza mai vacillare, resa forte da un odio viscerale e da uno scopo che non permette tentennamenti.
Yuki non è nata per una vita normale e, com’è giusto che sia, portato a termine il suo compito termina anche il suo ruolo nel mondo terreno. Lascia la vita con un lacerante grido di rabbia e dolore, l’ultimo sfogo di un grumo di emozioni che in vita ha dovuto soffocare per perseguire con freddezza il suo destino. Costretta fin da piccola ad esser forte, a non lasciare spazio ai sentimenti, l’ultimo grido la libera dalla sua natura quasi extraterrena di “bambina degli inferi” e la invade di tutta la sua debole e imperfetta umanità.
Leitmotiv di tutta la pellicola sono l’eleganza e il raffinato equilibrio estetico, come solo l’universo del Sol Levante sa concepirli. Lungo tutto il film, mai un eccesso, le vicende di Yuki ci vengono raccontate alla stregua di un poema epico intriso dei sentimenti tipici dell’indole nipponica: solennità, dignità, onore, sobrietà. Mente calma e risoluta. Curato come un giardino zen. Viene voglia d’imparare il giapponese per apprezzarlo appieno … Soggetto tratto da un manga, s’intuisce subito sia stato ispirazione per Quentin Tarantino, che ne ha ricalcato non solo il tema e l’estetica, ma anche la struttura e gli espedienti narrativi tanto che i suoi Kill Bill risultano una lunga citazione a questo revenge-movie.
Infine citiamo la gustosa colonna sonora, equilibrato mix di sonorità tipiche giapponesi e funky anni ’70.
VOTO: 7.5/10
Regia: Fujita Toshiya
Soggetto: Kazuo Koike
Sceneggiatura: Kazuo Uemura, Kazuo Koikeù
Interpreti: Meiko Kaji, Toshio Kurosawa
Produzione: Run Run Shaw, Raymond Shaw
Durata: 97′
Giappone, 1973