LA NOTTE DEL GIUDIZIO: ELECTION YEAR – James DeMonaco
Come ti comporteresti se per dodici lunghe ore, una volta all’anno, potessi compiere qualsiasi crimine e rimanere impunito? Durante la Notte dello Sfogo, istituita dal governo americano del futuro prossimo, diventeresti cacciatore o preda? Vittima o carnefice?
Dopo l’inaugurale La Notte Del Giudizio (2013) in claustrofobica salsa home invasion ed il seguito “on the road” La notte del giudizio: Anarchia (2014), il regista newyorkese James DeMonaco triplica la posta, prolungando la sua saga distopica con il capitolo più politicizzato e politicizzante, ma anche più debole e sconclusionato.
Negli States è tempo di elezioni: i fari sono puntati sulla coraggiosa senatrice Charlie Roan (Elizabeth Mitchell, Lost), che promette di abolire la Notte Dello Sfogo e che finisce così invisa e nel mirino di partiti e mitomani pro “Purge”. A proteggerla, durante sfogo annuale, ci pensa il redivivo ex sergente Barnes (Frank Grillo, Captain America: Winter Soldier) ed una compagine di umili cittadini del ghetto. Come da copione, la situazione precipiterà quando le sirene annunciano l’inizio del caos, e Charlie e Barnes saranno catapultati nelle strade di New York City, proprio nella notte più selvaggia e brutale dell’anno.
La Notte Del Giudizio sembra ormai essere diventato il franchise estivo più gettonato ed atteso, forte di un concetto di base controverso e maledettamente intrigante; un’idea sfruttata con sapienza da b-movie all’esordio, meno nel sequel, che accennava tanto e diceva poco. In Election Day siamo di fronte ad un’altra occasione persa e, addirittura, ad un sensibile passo indietro.
DeMonaco, probabilmente influenzato dal clima elettorale statunitense e dalle ombre del dualismo Trump-Clinton, abbandona ben presto il preambolo di apocalisse urbano in favore di uno sciagurato ricalco delle vicende di Anarchia, in una cornice sociopolitica troppo pretenziosa fatta di jokes faciloni e svolte prevedibili e perlopiù buoniste. L’unico e notevole potenziale del mondo “sfogato” è costituito dalla rappresentazione delle derive umane se liberate dal giogo legale e morale, ma DeMonaco vanifica ancora l’opportunità accontentandosi delle briciole: il lato grottesco e rituale dello Sfogo, la tribalità primitiva dell’evento sono sempre più accessori e meno definiti. Questo è gravissimo, perché non c’è peggior cosa di un infinito teasing che ribolle ma, per rimanere in tema, non sfoga mai.
La Notte Del Giudizio: Election Year è una scorribanda, ma col freno a mano tirato; è uno che si iscrive a Tinder ma mette solo foto in penombra. Che la scelta abbia moventi commerciali o di altra natura, poco cambia. Frank Grillo è il volto cazzuto, l’action-man d’altri tempi che salva qualche sequenza; il resto del cast (dall’insignificante Mitchell all’insopportabile cliché del nero dal cuore d’oro) è da prozac.
Storia e regia si minano a vicenda, trasformando quello che dovrebbe essere un leggero ma tambureggiante popcorn-movie in un film arrancante e scontato, che mette a repentaglio l’interesse e le speranze nei confronti della serie.
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