LA NOSTRA VITA – Daniele Luchetti
Elena e Claudio sono una coppia come tante, felici nonostante il dover arrancare per andare avanti, specialmente nell’ottica del terzo figlio in arrivo, Vasco. Il sipario sulla loro vita si abbassa con la morte di parto di Elena, che lascia un vuoto incolmabile sia in Claudio che nei figli.
L’uomo si ritrova a dover crescere i bambini da solo, svuotato di quella porzione di energia data dall’amore della donna, e cerca di riempire quel devastante senso di abbandono donando ai figli tutto ciò che desiderano … anche a costo di mettere in dubbio la propria morale.
La nostra vita ha la capacità e la forza di superare quel blocco insidioso dato da una trama troppo esponibile a spettacolarizzazioni o banalizzazioni. Fortunatamente Daniele Luchetti riesce a sfondare quell’ostica barriera del sensazionalismo a tutti i costi, ricamando il dramma su dei personaggi concreti e vividi che sì, possono alle volte enfatizzare alcuni momenti più che altro per necessità di linguaggio filmico, ma che fondamentalmente non risultano mai artefatti. Il regista impone uno sguardo non spurio ma nemmeno condizionato e condizionante, costruendo un orizzonte dove la vita e l’ambiente di lavoro convergono, dove i dolori di uno si riversano sull’altro, dove la lotta perpetrata col sangue (metaforico e non) vede un padre ansimare alla ricerca di un equilibrio per i propri figli che lui stesso non possiede.
Eccellente l’interpretazione sia di Isabella Ragonese che, specialmente, di Elio Germano, istrioni capaci di impersonare archetipi umani (italiani) al limite dell’esasperazione, capaci di ispirare una forte empatia verso chi li osserva. Anche Raoul Bova si difende bene, costruendo un personaggio profondamente triste e dallo sguardo spaesato. La nostra vita non è un film perfetto, veleggia ancora su un plot interessante ma su una sceneggiatura instabile, sembra quasi un punto di transizione capace, però, di dar luce al cinema italiano.