LA COSA (2012) – Matthijs Van Heijningen Jr
1982: il regista John Carpenter (Halloween, 1997: Fuga Da New York) adatta per il grande schermo La Cosa Da Un Altro Mondo di John W. Campbell (già divenuto un omonimo film nel 1951), racconto del ritrovamento di una subdola ed evoluta entità aliena tra i desolati ghiacci dell’Antartide ad opera dei ricercatori di una base scientifica statunitense.
Il film, chiamato più ermeticamente La Cosa (The Thing), diventa insieme all’Alien di Ridley Scott la colonna portante (e fondante) del moderno filone horror fantascientifico nonché un capolavoro di terrore ansiogeno, anche a trent’anni abbondanti di distanza. Trent’anni nei quali il film diventa un mito, ed è un lasso di tempo troppo lungo per tenere lontani gli straripanti appetiti di remake, sequel o prequel. La scelta ricade su quest’ultima opzione: lo sceneggiatore Eric Heisserer (esperto in materia: Final Destination 5, Nightmare 2010) consegna al regista Matthijs Van Heijningen Jr gli avvenimenti che anticipano di tre giorni quelli occorsi a Kurt Russell e compagnia.
La paleontologa Kate Lloyd (Mary Elizabeth Winstead, Scott Pilgrim Vs The World, Die Hard – Vivere O Morire) viene convocata dal dottor Halvorson (Ulrich Thomsen, Festen) e dal suo team di ricerca, fresco di recupero di un velivolo di natura extraterrestre tra i remoti ghiacci artici. Con esso viene rinvenuto anche il corpo apparentemente senza vita di una creatura ignota; non passa tuttavia molto tempo prima che l’organismo torni a scoppiare di salute e a dimostrare sconvolgenti, straordinarie capacità mutaforma, trasformando l’isolato campo base in un claustrofobico mattatoio dove la paranoia e il sospetto diventano mortifere tanto quanto il terribile mostro. È da quest’ultima caratteristica che comincia l’inatteso plauso a un film che si profilava come una scommessa rischiosissima: l’ingrediente più peculiare del capolavoro di Carpenter, l’asfissiante ossessione crescente, viene infatti brillantemente recuperato ed aggiornato, al servizio di un semplice ma solido racconto di terrore.
Mutuando le meravigliose location artiche dal suo illustre predecessore, il regista olandese crea una cornice ambientale che è alienazione ed emarginazione dal resto del mondo; un microcosmo dove gli esseri umani sembrano cavie predestinate, vulnerabili ancor più in profondità, a livello identitario oltre che fisico. La creatura che torna in vita dai ghiacci è supportata da effetti speciali eccellenti e trovate sceniche spettacolari (su tutte, una memorabile sequenza grottesca di “gemellaggio siamese”) che contribuiscono all’incalzante ritmo narrativo; senza grosse pretese esplicative o complicate congetture, il film è un godibile extra che non falla nei punti essenziali: impaurisce, dissangua e diverte. E lo fa recuperando e valorizzando la psicologia carpenteriana, pur con minore intensità, ma senza mai banalizzarla o snaturarla.
L’antefatto de La Cosa è un buon modo per riaffezionarsi all’immondo alieno parassita divenuto leggenda trent’anni fa, e perché no, un incoraggiamento a fare dei distinguo nell’orgia di prequel e remake, nella quale non tutto si riduce a mere speculazioni di bassa qualità.