KOSOKOSO – Alessandro Caracciolo
Un uomo si avventura in un paesino sperduto in mezzo al nulla, una musica country di sottofondo lo accompagna in mezzo ai desertici ruderi che si reggono in piedi per un casuale gioco di forze. Ha in mano una valigetta dal misterioso contenuto, un probabile scambio che dovrebbe permettergli di cambiare vita. Il destino, tuttavia, sta covando tutt’altro percorso per l’uomo … rumori sinistri provengono dalle sue spalle, un volto nel buio si illumina fissando una sagoma d’uomo che sta per essere braccata e fagocitata.
Pentidattilo, borgo antico situato in Calabria, è una perfetta cornice per il cortometraggio diretto da Alessandro Caracciolo (già recensito con PIGNA e LUCE): i suoi decadenti paesaggi dal sapore antico covano una creatura la cui origine è perduta nella memoria del tempo. KOSOKOSO (letteralmente “bisbiglio”) affonda le radici nella mitologia giapponese (da un racconto di Shigeru Mizuki) e ne aggiorna il significato, ponendo non una pietra come fonte da cui provengono i sussurri, ma un albero. Inoltre muta l’intero borgo antico in una sirena che attira gli incauti per assimilarli, trasformando il denaro in nuda roccia.
Purtroppo KOSOKOSO è incompiuto. Risente di diversi rimaneggiamenti, oltre che di varie sfortune che ne hanno funestato la realizzazione. Per comprendere il finale ho avuto bisogno della spiegazione del regista, perchè la perdita del master ha reso impossibile aggiungere i tocchi finali o rimettere mani ad alcune scene/montaggi. Così com’è, il cortometraggio lascia trasparire le idee di Caracciolo, ma attraverso una nebbia fumosa proprio perché mozzato sul nascere.
Diciamo inoltre che problemi di budget (praticamente inesistente) hanno ristretto la durata delle riprese ad un giorno solo, per cui il “buona la prima” la fà da padrone. Anche la scelta di usare il bianco e nero e di sporcare la pellicola è utile per mascherare errori e problemi di fotografia.
Quel che è certa è la passione profusa ed il desiderio di non tenere nel cassetto un lavoro al quale Alessandro Caracciolo è profondamente legato, anche se cosciente dell’impossibilità di farlo circolare data la sua incompiutezza. Sicuramente il regista sa di poter rimettere mani al soggetto per riportarlo in auge, una horror story come questa (da un certo punto di vista classificabile come di vecchio stampo/classica) potrebbe benissimo essere riproposta con un taglio maturo e più mezzi a disposizione. Spero non abbandoni il progetto.
VOTO: 5/10
Regia, Montaggio, Fotografia, Sceneggiatura: Alessandro Caracciolo
Cast: Fabio Desiati, Antonio Romeo
Produttore: Shin Toyofuku